Nata a Ferrara nel 1918, Matilde Bassani fin da piccola si è nutrita di ideali e politica. Suo padre, professore di tedesco all’Istituto tecnico venne infatti licenziato negli anni ’20 perché antifascista; lo zio, il professore Ludovico Limentani, firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti e suo cugino era il fisico e partigiano Eugenio Curiel.
Ad avere un ruolo importante nella sua formazione fu anche il suo professore Francesco Viviani (lo stesso dello scrittore Giorgio Bassani) morto a Buchenwald e la maestra socialista Alda Costa.
Laureatasi brillantemente in Lettere, Matilde assieme a Giorgio Bassani e a Primo Lampronti fu una delle insegnanti della scuola ebraica ferrarese di via Vignatagliata che accolse i ragazzi espulsi dagli istituti pubblici.
Quella di via Vignatagliata viene ricordata come una scuola d’eccellenza, dove accanto agli autori immortali della letteratura italiana, si studiavano poeti contemporanei e si trasmettevano ideali di libertà e uguaglianza.
Nel ’43 venne arrestata e condotta nelle carceri di via Piangipane (dove sorge adesso il MEIS) per la sua attività antifascista. Liberata nel luglio dello stesso anno, scappò a Roma e incontrò il futuro marito Ulisse Finzi con il quale condivise la scelta resistenziale.
Dopo la guerra si affermerà come psicologa restando sempre in prima linea nella difesa dei diritti e ricomprendo incarichi di prestigio nell’Unione Femminile Nazionale e presso il Consiglio Nazionale delle Donne Italiane.
Intervistata da Anna Maria Quarzi, Presidente dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, nel 1997, ha detto: “Fin dalla più tenera età ho succhiato latte e antifascismo. La mia famiglia, infatti, era antifascista per naturale avversione alla dittatura, per amore della libertà”.
Foto: Archivio storico e fotografico della famiglia Finzi – Milano