Ho scelto questa frase tratta dallo Shemah, il brano del Pentateuco che Primo Levi utilizza come premessa al libro Se questo è un uomo, per introdurre i nostri obiettivi per il futuro.
Essa vuole riassumere la missione che il MEIS ha fatto propria da anni e che vuole rilanciare in una formula più universale possibile.
Dopo i primi quattro anni di vita del Museo, questa nuova fase coincide con la mia direzione e con il momento così delicato che stiamo vivendo.
Sono tante le sfide che ci troviamo ad affrontare, in un quadro sociale mutato e fortemente condizionato dall’emergenza sanitaria.
Anche per questo motivo dobbiamo guardare avanti e lavorare per costruire un legame attivo e vitale con il nostro pubblico con un’ambizione grande: quella che il MEIS diventi un vero e proprio polo didattico. Un luogo in cui, mettendo al centro i giovani, si possano trasferire saperi coinvolgenti sull’ebraismo, la sua storia, i suoi valori.
Vogliamo lavorare in squadra perché si avvii un processo che spinga chi si arricchisce, attraverso le esperienze al MEIS, a condividere ciò che ha acquisito. Tutti, in un modo o nell’altro, devono sentirsi protagonisti.
Credo che il MEIS sia il luogo più adatto per raccontare a un Paese a volte lacerato tra accoglienza e diffidenza, come sia possibile un’integrazione senza la rinuncia alle specifiche identità.
Una parte importante del nostro racconto è destinata alla Shoah, alla conservazione della memoria e al monito rivolto alle nuove generazioni, ma le vicende e le tradizioni del popolo ebraico presente nella Penisola da oltre duemila anni, costituiscono un tessuto narrativo unico, fatto di luci e le ombre che si alternano in un intreccio dinamico che è parte della storia del nostro Paese.
Nel triennio 2021-2023 cercheremo di raccontare un sistema di valori. Abbiamo davanti un’impresa, sia nei contenuti che negli spazi, entusiasmante e meravigliosa, che vogliamo condividere il più possibile, perché il MEIS è il museo di tutti.
Amedeo Spagnoletto, Direttore del MEIS