«Meis, punto focale per la cultura italiana e lo studio dei giovani»

TRA GLI ‘IDEATORI’ del Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah, se non il principale, c’è lo scrittore e giornalista Alain Elkann. Assieme al critico Vittorio Sgarbi, fu proprio lui, nel 2001, a suggerire il progetto all’allora ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani; era presente in Municipio, al primo incontro promosso dal sindaco Gaetano Sateriale, e cedette poi il testimone (politico) a Dario Franceschini, determinato sostenitore della legge istitutiva. Qualche giorno dopo il primo incontro a Ferrara, Elkann, dalle colonne del ‘Resto del Carlino’, rintuzzò anche le critiche dell’ex ministro della Cultura Giovanna Melandri, che aveva definito «un’idea salottiera», un’intuizione senza fondamento, quella di insediare proprio a Ferrara un centro culturale di rilievo nazionale. Il tempo sembra aver dato ragione allo scrittore torinese, che ora torna a riflettere sul significato, profondo, del museo e della prima grande mostra.

di Stefano Lolli

«ERA NATO come un’emozione, ora diventa un luogo fondamentale per la cultura italiana». A commentare così il ‘nuovo’ Meis, anticipandone l’apertura di mercoledì, è Alain Elkann, scrittore e giornalista, ma soprattutto tra gli ideatori del progetto. Anzi, del sogno, perché era tale nell’estate del 2001: «Ero consulente del ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani, ricordo che gli proposi di istituire un museo nazionale della Shoah. Dissi che bisognava pensare a una città diversa da Roma, già zeppa di centri culturali. Avevo in testa tre luoghi: Venezia, Mantova e Ferrara, tutti ugualmente significativi per la presenza ebraica nella storia italiana». Ferrara s’impose, e non solo per il rapido e fiammante sostegno dell’amico Vittorio Sgarbi: «Più che Sgarbi, e poi Dario Franceschini che ha promosso con passione l’iter parlamentare sfociato nellalegge istitutiva – prosegue Elkann –, bisogna ringraziare Giorgio Bassani. Perché rimeditando i suoi Occhiali d’oro, ho capito che non c’era una sede migliore possibile».

LA PRIMA riunione in Municipio, un sopralluogo nel Ghetto, qualche scetticismo da smussare nella Comunità ebraica locale: ancora si parlava solo di museo della Shoah. Presto il progetto si è arricchito di significato, e ora di ruolo: «Giustamente, il Meis diventa il punto focale della storia degli ebrei in Italia. Una presenza esigua, nei numeri, ma rilevante nella vita civile e culturale del nostro Paese. Pensiamo solo a cosa è stato il Novecento, con autori come Primo Levi, il già citato Bassani, e poi Svevo, Moravia, Natalia Ginzburg, Roberto Calasso». E un ‘certo’ Alain Elkann: «Non mi confonda con quei titani, magari qualche buon libro significativo l’ho scritto anche io – sorride il giornalista –, fra tutti forse Essere ebrei con Elio Toaff, all’epoca autorevole rabbino capo di Roma». Prima che alla letturatura, il Meis dedica tuttavia la grande mostra inaugurale alla storia, quella dei primi mille anni degli ebrei in Italia: «Una scelta illuminante, per far capire come si è costruita, nei secoli, questa presenza così significativa e, per certi versi, particolare. Proprio perché contenuta nei numeri, ma deflagrante in tutti i campi della cultura e della società civile. Mi auguro perciò – prosegue Elkann – che il museo diventi il riferimento per la conoscenza e, non da meno, per lo studio e la didattica. Troppe persone non conoscono l’ebraismo, o sono condizionate da luoghi comuni». Un contrasto, dunque, all’antisemitismo, che a varie riprese riemerge con virulenza? «Un contrasto innanzitutto alla banale e spesso incolpevole ignoranza (Elkann ride, ndr); penso però ai giovani, alle scuole. Ferrara, in questo senso, diventerà una formidabile calamita educativa».

NELLA PROSPETTIVA dell’ampliamento definitivo, dal Meis ci si attende anche un traino turistico: «Non c’è dubbio che sarà così – conclude Alain Elkann –, se verranno coltivatele relazioni e i legami con i musei ebraici di Parigi, Londra, New York, Washington. Non ho dubbi che ciò accadrà, la direttrice Simonetta Della Seta e il presidente Dario Disegni sono una garanzia: e allora verrà davvero tanta gente a vedere, attraverso le mostre e le attività culturali del museo, come un ebraismo all’apparenza minore, rispetto a quello di altre nazioni, ha avuto, ed ha ancora, un’importanza capitale».


Meis, occasione da cogliere

Il commento di CRISTIANO BENDIN

QUESTA settimana, la città sarà protagonista di un grande evento: l’inaugurazione del Meis da parte del presidente della Repubblica. Frutto di una intuizione bipartisan (una volta tanto, una buona politica), il museo dell’ebraismo italiano e della Shoah è un unicum in Italia. E in una Europa dove si sono riaccesi preoccupanti focolai di antisemitismo – a volte celati da antisionismo – un museo del genere è destinato a diventare un presidio culturale e di memoria di primaria importanza. Come Carlino, accompagneremo i nostri lettori fino alla tappa di mercoledì con articoli e approfondimenti per capire che non si tratta di una storia «altro da sé» ma di un pezzo fondamentale della nostra storia di italiani. E soprattutto di un rilevante pezzo di storia di questa città che, fino al 1938, era fortemente intrisa di vita, tradizione e straordinaria cultura ebraica.

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