Arriviamo in quella piazzetta che credo oggi si chiami piazza Matteotti, i due mi fanno entrare in un salone terreno e se ne vanno: il loro compito è terminato.
Il salone è pieno di gente: un centinaio di facce, alcune conosciute, molte altre no. Non ci sono sedie, si sta tutti in piedi, si parla, si fuma, c’è aria viziata, aria di paura, ma non ancora di terrore.
Gli ebrei che mi conoscono mi vengono incontro stupiti di vedere un ragazzino, ma del resto c’è anche un cieco, il signor Bassani, attaccato al braccio della moglie.
Qualcuno mi fa da guida, mi spiega quella là è la maestra Costa famosa antifascista immortalata poi da Giorgio Bassani, ma io allora non l’avevo mai sentita nominare, vicino a lei Gigetto il gelataio, quello sì lo conoscevano tutti, ma non tutti sapevano il suo essere comunista fedele. Costa e Gigetto avevano una borsa in mano con tutto il necessario… per la prigione. Loro avevano una buona esperienza in materia, la borsa era sempre a portata di mano!
Lontano da loro un distinto signore in pelliccia, il senatore fascista Arlotti, che a quanto si diceva, il 25 luglio si era dissociato dai compagni di partito.
Si fuma, si parla, cercando di ammazzare il tempo nella completa incertezza del seguito.
Pochi sapevano dell’uccisione di Ghisellini, credo che pochissimi si rendessero conto dei pericoli.
Alle tre del mattino entrano nella sala tre o quattro uomini armati di mitra e urlano Quanta carne da macello! Una frase troppo roboante per fare veramente paura. Si ritirano in una cameretta. Dopo un certo tempo ne escono e leggono una piccola lista di quattro nomi: primo fra tutti: Arlotti! Ai quattro viene ordinato di uscire tra una fila di militi. Nel salone c’è chi mormora Quelli con i soldi e le conoscenze se ne tornano a casa. Invece andavano direttamente al muro in Piazza Castello.