Vergani, le cucine diventano casher

Stefano Lolli

LE SARDE in saòr, le polpettine di baccalà, l’hummus di ceci, la torta ‘basbousa’, e tanta zucca. Ma nelle cucine del Vergani i ragazzi non sono alle prese solo con le ricette: il menù, fuori dall’ordinario, prevede infatti il rispetto – rigoroso – dei precetti alimentari ebraici. In vista del simposio internazionale dell’Ihra (di cui riferiamo a lato), in via Sogari si è provveduto – forse per la prima volta in Italia – alla casherizzazione di fornelli, pentole, ambienti di lavoro. E rav Tomer Corinaldi, esperto mashgiach (colui che sovrintende e verifica il rispetto delle norme alimentari dell’ebraismo), da due giorni è impegnato in un compito che va ben oltre gli aspetti gastronomici.

«HO SPIEGATO ai ragazzi, ma anche ai docenti, le regole base della cucina casher – racconta –; gli alimenti permessi e quelli da evitare, gli accostamenti che non si possono fare. A partire da quello, fondamentale, scritto nel Pentateuco: Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre. Quella ebraica, è una cucina spirituale prima che materiale, che tiene conto certamente della salute e di una gustosa alimentazione, ma che nasce dal pensiero». Non solo cibo, dunque, con il veto tassativo agli ungulati e ai ruminanti, e quello non meno tassativo per i frutti di mare («Ti piacciono i calamari e i gamberetti? Mi spiace per te, qui non li mangerai mai», ride Corinaldi); ma anche preparazione meticolosa degli strumenti con cui i cibi vengono preparati. In vista delle cene di gala e dei coffee break che verranno serviti ai 300 delegati di tutto il mondo, gli ambienti del Vergani sono stati letteralmente sterilizzati. «Pentole e padelle sono state immerse nell’acqua bollente, forni e tavoli sono stati puliti secondo quanto prescritto – racconta un’insegnante –, di ogni procedura ci è stato spiegato il significato, profondo e interessante». Una lezione unica, per i ragazzi, forse potenzialmente decisiva per molti di loro.

«IL MEIS, straordinario museo, alla fine dei lavori ospiterà anche un ristorante casher – prosegue Corinaldi –: qualcuno tra gli studenti, prendendo confidenza non solo con le ricette ma anche con le regole, potrà impegnarsi in questo settore, e sfruttare magari buone opportunità. Oggi, quando si parla di cucina ebraica, si pensa soprattutto a Roma, Venezia, Firenze, Torino: ma anche Ferrara ha storia e talenti per ben figurare». Del resto, aggiunge Liborio Trotta (docente e chef dell’Alberghiero), «la nostra città vanta radici antiche, in campo gastronomico, di un rapporto felice tra la cucina estense e quella ebraica. Prima e più che dalle ricette, in questa circostanza, siamo partiti dall’aspetto, affascinante, dei principi».

DA LUNEDÌ – Assemblea plenaria dell’Alleanza internazionale dell’Olocausto

OCCASIONE straordinaria, per Ferrara, quella di ospitare, la prossima settimana, l’assemblea plenaria dell’Ihra (International Holocaust Remembrance Alliance). La presenza del Meis ha calamitato nella nostra città questa alleanza intergovernativa, che coinvolge 44 Paesi, nata intorno alla memoria della Shoah. Saranno oltre 300 i delegati, tra diplomatici, accademici, educatori, direttori di musei della memoria, comunicatori, esperti e rappresentanti delle istituzioni, oltre a due candidati e undici osservatori, allo scopo «di difendere la verità di ciò che è stato e di ciò che sta accadendo oggi », afferma il presidente dell’Ihra, l’ambasciatore Sandro De Bernardinis. La sessione ferrarese vede i delegati lavorare anche a nuove deliberazioni, per contrastare il ritorno dell’antisemitismo e del razzismo, e promuovere – soprattutto tra i giovani – il rispetto delle differenze e dei principi sanciti dalla dichiarazione di Stoccolma sull’Olocausto (2000), cui l’Ihra fa riferimento. Lunedì, in apertura della plenaria, per il gruppo dei direttori dei musei della memoria è in programma una visita al campo di concentramento di Fossoli e al Museo Monumento al Deportato di Carpi.

MA TORNIAMO agli aspetti legati alla cucina casher: la cena di gala inaugura un percorso che, in realtà, il Meis ha intrapreso da tempo. Nel progetto finale del Museo è, prevista un’area di ristorazione casher, rivolta tanto ai turisti, quanto agli ebrei osservanti. L’area si articolerà in due sezioni: latte e parve, da un lato, e carne in versione street food dall’altro, oltre a spazi per corsi e laboratori di cucina, incentrati sui valori e le tradizioni dell’alimentazione. Anche per questo, tra i piatti che verranno serviti ai delegati ce ne sarà uno che proviene da un quaderno di ricette di famiglia di Simonetta Della Seta, direttore del Meis: le tazzine di nonna Rosina, ovvero un dolce con mandorle, arancia candita e un pizzico di cacao.

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