Una mostra di stelle per ricordare i bambini della Shoah
di Pietro Perelli
Inaugurata al Meis la mostra “Stelle senza un cielo. Bambini nella Shoah”. “Abbiamo deciso di inaugurare questa mostra ora per dare un segnale molto chiaro – spiega la direttrice Simonetta Della Seta –, per ricordarci che in un momento in cui ci accingiamo a festeggiare le luci, il cielo può farsi buio in qualsiasi momento”. A fine dicembre infatti si festeggia il Chanukkah che è anche conosciuta come Festa dei Lumi e la mostra inaugurata al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah vuole essere un momento di ricordo dell’olocausto ma anche lanciare un segnale di speranza.
Alla conferenza a cui partecipano oltre alla direttrice anche Cesare Finzi (con un toccante ricordo della sua esperienza), Elisa Renda, funzionaria della regione Emilia Romagna e Rita Chiappini (Yad Vashem) sono presenti anche il prefetto Michele Campanaro e il questore Giancarlo Pallini oltre alla consigliera regionale Marcella Zappaterra e le autorità militari.
“La mostra – spiega Della Seta – è concepita per parlare di cosa ha significato essere un bambino in quel momento storico” ed è curata dallo Yad Vashem, l’Ente Nazionale per la Memoria della Shoah di Israele. In questo allestimento, oltre alle storie provenienti dagli archivi dello Yad Vashem, sono integrate sette storie di bambini italiani curate dal Cdec (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) e dal Meis con il supporto di Marcella Hannà Ravenna per le storie ferraresi.
Una di queste storie viene raccontata da Cesare Ravenna che durante l’incontro racconta la sua esperienza personale, di quando da bambino, il 3 settembre 1938 andò a prendere i giornali per il padre e lesse dell’emanazione delle leggi razziali.
Da quel momento tutto cambiò e, dice Ravenna, “vi lascio immaginare cos’abbia voluto dire per un bambino non poter più andare a scuola ma anche per un padre che aveva combattuto la prima guerra mondiale vedere la propria famiglia trattata come se fosse inferiore”. Nel 1943 Cera Ravenna si presentò agli esami di terza media dopo aver continuato la scuola in quella ebraica e avendo avuto tra i suoi insegnanti Giorgio Bassani. “Il preside – dice – non lesse i nostri nomi perché erano scritti più in piccolo in una lista a parte e quando entrammo ci mise a sedere in banchi lontani dagli altri studenti”.
L’insegnante che li accolse li derise dicendo davanti agli altri bambini che “tanto non avrebbero attaccato loro la malattia” e quando Cesare Finzi le chiese quale malattia l’insegnate rispose: “Come voi ebrei non avete la coda?”.
Prima di Cesare Finzi, Rita Chiappini, ricordando quanto lo Yad Vashem tenga alla condivisione dello studio sulla Shoah si era proprio soffermata sull’importanza della memoria e di quanto sia “importante ricordare nel modo corretto, basandosi sui documenti anche perché nessun evento storico ha una quantità di documenti come quella della Shoah e nonostante questo esistono ancora i negazionisti”.
Durante la conferenza, la direttrice Simonetta Della Seta, ricorda Piero Terracina recentemente scomparso lasciando “un vuoto enorme”. “Un uomo – ricorda – che ha avuto la forza di accompagnare centinaia, forse migliaia di ragazzi ad Auschwitz” dopo esservi stato deportato ed esserne sopravvissuto.