Corrado Israel De Benedetti
Testimonianza

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(La notte del 14 novembre) Andai a dormire presto, ma alle 23 ero ancora sveglio quando suonarono alla porta: dopo cinquant’anni ricordo oggi come allora, che il mio primo pensiero è stato sono venuti ad arrestarci. Sento due paia di scarponi salire le scale e mia madre spaventata che mi viene a dire di alzarmi perché due carabinieri vogliono me, non mio padre colonnello a riposo per via delle leggi razziali, ma il sottoscritto ragazzino di quasi sedici anni!

Di fronte alla famiglia spaventata i due giovani carabinieri assicurano che si tratta di informazioni, che sarò di ritorno in un paio d’ore, poi si oppongono con fermezza a che qualcuno mi accompagni.

Usciamo sotto una pioggerellina fine, ricordo che i due portano i fucili con la canna in basso per difenderli dalla umidità.

(…)

Arriviamo in quella piazzetta che credo oggi si chiami piazza Matteotti, i due mi fanno entrare in un salone terreno e se ne vanno: il loro compito è terminato.

Il salone è pieno di gente: un centinaio di facce, alcune conosciute, molte altre no. Non ci sono sedie, si sta tutti in piedi, si parla, si fuma, c’è aria viziata, aria di paura, ma non ancora di terrore.

Gli ebrei che mi conoscono mi vengono incontro stupiti di vedere un ragazzino, ma del resto c’è anche un cieco, il signor Bassani, attaccato al braccio della moglie.

Qualcuno mi fa da guida, mi spiega quella là è la maestra Costa famosa antifascista immortalata poi da Giorgio Bassani, ma io allora non l’avevo mai sentita nominare, vicino a lei Gigetto il gelataio, quello sì lo conoscevano tutti, ma non tutti sapevano il suo essere comunista fedele. Costa e Gigetto avevano una borsa in mano con tutto il necessario… per la prigione. Loro avevano una buona esperienza in materia, la borsa era sempre a portata di mano!

Lontano da loro un distinto signore in pelliccia, il senatore fascista Arlotti, che a quanto si diceva, il 25 luglio si era dissociato dai compagni di partito.

Si fuma, si parla, cercando di ammazzare il tempo nella completa incertezza del seguito.

Pochi sapevano dell’uccisione di Ghisellini, credo che pochissimi si rendessero conto dei pericoli.

Alle tre del mattino entrano nella sala tre o quattro uomini armati di mitra e urlano Quanta carne da macello! Una frase troppo roboante per fare veramente paura. Si ritirano in una cameretta. Dopo un certo tempo ne escono e leggono una piccola lista di quattro nomi: primo fra tutti: Arlotti! Ai quattro viene ordinato di uscire tra una fila di militi. Nel salone c’è chi mormora Quelli con i soldi e le conoscenze se ne tornano a casa. Invece andavano direttamente al muro in Piazza Castello.

1. De Benedetti racconta come era il carcere nel '43
1. De Benedetti racconta come era il carcere nel ’43
2. De Benedetti davanti al carcere di Via Piangipane
2. De Benedetti davanti al carcere di Via Piangipane
3. De Benedetti si avvicina alla sua cella
3. De Benedetti si avvicina alla sua cella
1. De Benedetti in quella che era la sua cella
1. De Benedetti in quella che era la sua cella
2. De Benedetti sale fino al piano in cui era recluso
2. De Benedetti sale fino al piano in cui era recluso

Altra ora in attesa: finalmente verso le 5 del mattino ci viene ordinato di uscire dal piazzale. La piazza è umida sotto la pioggia, c’è ancora buio, di fronte a noi una fila di militi in nero con i fucili imbracciati. Ci viene ordinato di metterci in fila per tre. Ricordo che il signor Schonheit mi costringe a mettermi in mezzo tra lui e un altro di cui non ricordo il nome, come a cercare di proteggermi.

Restiamo così in silenzio, un centinaio di uomini e donne, impauriti di fronte alla fila di armati per dei lunghissimi minuti. In quei momenti credo che tutti noi ci siamo resi conto del pericolo, certi che ci metteranno al muro a tre a tre e poi la fine e il niente!

Silenzio, pioggia e una grande paura, poi finalmente arriva un ordine del tutto inaspettato: In marcia. Dopo quasi un quarto d’ora ci rendiamo conto di avviarci verso via Piangipane. Evviva! Sparisce il dubbio, si allenta la paura: per ora si va soltanto in prigione! È finita l’incertezza, è finito l’incubo, ci sentiamo tutti sollevati, direi quasi contenti. Solo e soltanto via Piangipane 125 B.

Dopo quella mattina passeranno due mesi; due mesi ricchi di esperienza e di emozioni che certamente hanno contribuito a formare la mia educazione politica sociale.