«Scriverò una storia qui a Ferrara»
di STEFANO LOLLI
SESSANTADUE anni dopo la pubblicazione per Einaudi delle Storie Ferraresi di Giorgio Bassani, è un altro grande scrittore, l’israeliano Abraham Yehoshua, ad ambientare in città il suo prossimo romanzo breve: «Sono venuto munito di un taccuino, per prendere spunti dalle strade, le chiese, le persone», anticipa dal palco del Teatro Comunale. Ospite d’onore della Festa del Libro Ebraico, approfitta dell’occasione non solo per una lectio magistralis, ma anche per approfondire l’abbozzo «di una ‘novelletta’ che ha come protagonista una giovane ragazza ebrea». Non si pensi a Micòl, la protagonista dei Finzi Contini: «Conosco bene le opere di Bassani, ma a me interessa la città», precisa l’ottantaduenne scrittore, considerato tra i più importanti intellettuali europei contemporanei. E così, oggi, accompagnato dal direttore del Meis Simonetta Della Seta, si immergerà nelle atmosfere cittadine; dopo il recente annuncio
del regista Amos Gitai di voler ambientare anche a Ferrara parte del film su Doña Gracia Nasi, carismatica figura del Rinascimento estense, il Museo nazionale
dell’Ebraismo italiano e della Shoah si conferma un potente catalizzatore di energie culturali e creative. Non solo polo espositivo – la mostra sui primi mille anni di presenza ebraica in Italia sta avendo buon successo di pubblico e critica –, ma fulcro per una molteplicità di iniziative. «Sono molto impressionato da questo museo – riprende Yehoshua, pur dopo una prima visita rapidissima –, è importante anche perché è nato da una legge, ed ha assunto immediatamente
un rilievo nazionale». Testimoniato, nell’incontro conclusivo al Comunale, dalla presenza fra gli altri di Paola Passarelli, neo direttore generale del Ministero dei Beni Culturali. Un’attenzione che, dicono il presidente del Meis Dario Disegni e l’assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti, va oltre il pur importante riconoscimento istituzionale. Non manca, tuttavia, una scherzosa critica: «Ho visto il video multimediale che anticipa la mostra – conclude Yehoshua –, non è citata neppure una volta Israele. Se non verrà subito corretta questa mancanza, cambierò città per il mio racconto, e lo ambienterò non a Ferrara, ma a Padova…».
«Il Meis è una potente calamita per la cultura e la società»
PAOLO MIELI, STORICO E GIORNALISTA, TRA GLI OSPITI
«PER LA CULTURA italiana, e non solo, ormai esiste un prima e un dopo il Meis: questo è ben più di un museo, sta diventando una calamita anche per venire a visitare e respirare una delle più belle città d’Italia». Paolo Mieli, giornalista e storico, si stupisce dello stupore: «Perché mai non dovrei dire che Ferrara è la più bella città d’Italia? – sorride, nel Giardino delle Domande del Museo di via Piangipane – Camminare di notte per le strade di questa città, partecipare a incontri, come la Festa del Libro, che coinvolgono persone che hanno persino l’aria di divertirsi, è un’esperienza indimenticabile».
PROPRIO in concomitanza con la Festa del Libro – che ieri ha richiamato centinaia di persone, in aggiunta ai tanti visitatori della mostra sui primi mille anni degli ebrei in Italia –, anche il Washington Post ha dedicato un lungo focus sul museo cittadino: «Pronti per una lezione di storia?», scrive la giornalista Vicky Hallet. Perché la visita alla mostra, e lo sguardo al contesto in cui il Meis è inserito, regalano «a Ferrara, una volta ancora, il ruolo di centro strategico della cultura ebraica in Italia». Luogo, anche, di civiltà e confronto, come emerge dal successo della Festa del Libro Ebraico: evento aperto da una riflessione, intrigante, su una figura cruciale della storia cittadina. Isacco Lampronti, rabbino, medico, poeta, codificatore e primo enciclopedista ebreo. Vissuto a cavallo tra il Seicento e il Settecento, mostrò da piccolo un’intelligenza eccezionale, sfociata ne ‘Il terrore di Isacco’, summa enciclopedica di tutto il lessico talmudico e del sapere ebraico. Nell’incontro mattutino, cui hanno preso parte, dopo i saluti della direttrice del Meis Simonetta Della Seta, i saggisti Mauro Perani e Laura Grazia Secchieri, e il rabbino Luciano Caro, sono emerse le sfaccettature di questa figura. Nuovi dati, scoperte sulla sua vita quotidiana: anche controverse, come l’accusa di aver venduto al Comune di Ferrara delle epigrafi funerarie.
ALTRETTANTO ricco di spunti, l’incontro (condotto proprio da Mieli) con Donatella De Cesare, autrice de Marrani, dedicato ai ‘conversos’, gli ebrei che a fine Quattrocento lasciarono la Spagna a seguito dell’editto di Isabella di Castiglia. Non solo una pagina di storia, ma l’innesco di una diaspora interiore: «Gli ebrei sono molti di più di quelli consapevoli di essere tali – afferma Mieli –. Sono una goccia che si è inserita nella nostra storia, e ha pervaso la nostra identità».
Stefano Lolli