Rom e Sinti, oltre gli stereotipi
Il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah come “luogo di diffusione di conoscenza e di valori”, dove poter scoprire la millenaria cultura ebraica italiana ma anche raccontare le altre minoranze del paese. Da qui, ha spiegato il direttore del Meis Simonetta Della Seta, è nata l’idea di dedicare un appuntamento alla comunità Rom e Sinti, tenutosi nelle scorse ore nelle sale del Museo e organizzato con la collaborazione della redazione del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche. “È un appuntamento che abbiamo programmato con largo anticipo, non legato alle evenienze del momento ma che tocca un tema attuale come la necessità di conoscere l’altro”, ha spiegato Della Seta in apertura dell’incontro, molto partecipato e aperto dai saluti del presidente del Meis Dario Disegni, del prefetto di Ferrara Michele Campanaro e dell’assessore alla Sanità, ai Servizi alla persona e alle Politiche familiari del Comune Chiara Sapigni. “C’è un’esigenza forte di portare avanti i valori ricordati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella proprio nelle scorse ore”, ha affermato il prefetto Campanaro, riferendosi alle dichiarazioni di Mattarella in occasione degli 80 anni dall’infame Manifesto della Razza, che fece da apripista alla promulgazione delle Leggi razziste antiebraiche da parte del fascismo. Campanaro ha sottolineato come Mattarella abbia ricordato la Shoah e lo sterminio dei Sinti e dei Rom, il Porrajmos e abbia anche parlato della minaccia ancora viva del razzismo: che può inserirsi nelle fratture della società contemporanea, nei momenti più difficili e di come sia necessario non rimanere indifferenti di fronte a questa minaccia. Al razzismo si risponde, ha affermato Sapigni, cogliendo “le opportunità nelle diversità” ma senza nascondere i problemi, come il tema dei campi Rom abusivi. “Tutti siamo convinti che il campo non sia la soluzione”.
Rispetto all’incontro – ultimo appuntamento del laboratorio giornalistico UCEI Redazione Aperta – Disegni ha sottolineato il suo essere “un’occasione per approfondire una riflessione su una cultura quasi del tutto ignorata, che merita invece di essere conosciuta e valorizzata”. Il presidente del Meis ha ricordato tra le altre cose la testimonianza di Liliana Segre – che in Senato ha ricordato come, arrivata ad Auschwitz, vide scomparire i vicini Rom e Sinti, portati da un giorno all’altro alle camere a gas – e la grande mostra in corso a Parigi al Museo della Storia dell’immigrazione dedicato alle comunità nomadi. Mondes tsiganes. La fabrique des images. Une histoire photographique, 1860-1980, il titolo dell’esposizione, di cui ha parlato più approfonditamente il direttore della redazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Guido Vitale. “L’esposizione a Parigi trova spazio in un centro culturale nato in anni recenti intorno all’idea che i flussi migratori sono un fenomeno di arricchimento collettivo, che va conosciuto, studiato. La sua costruzione è stata una mossa coraggiosa come coraggiosa è stata la scelta di dedicare una mostra alla storia dei Rom e dei Sinti – ha spiegato Vitale –. Una minoranza che non fa parte direttamente della questione dell’immigrazione, che abita in Europa da tempi antichissimi, portatrice di una storia importante, anche drammatica, e di modelli di vita diversi”. Il fatto stesso di parlare di questa realtà, spesso vittima dei pregiudizi, ha sottolineato Vitale, è il segno dell’importanza “di centri culturali come il Museo della Storia dell’immigrazione a Parigi, ma anche come il Meis di Ferrara, sempre più punto di riferimento a livello nazionale. Luoghi che riflettono su come gestire le idee da raccontare alla società di oggi”.
Tra i relatori dell’incontro, il regista Ruggero Gabbai, che ha raccontato la propria esperienza personale, parlando del suo documentario Cici daci dom, noi zingari d’Italia (1998). “Ho vissuto quattro mesi con la comunità rom seguendola in Camargue, dove c’è il grande raduno di questa realtà, e ho scoperto tantissime cose, dando loro un volto al di là del pregiudizio”.
L’ebraista Piero Stefani ha invece introdotto la violinista Lucilla Rose Mariotti, che ha eseguito l’applaudita ballata gypsy per violino solo Dža more della compositrice ceca Sylvie Bodorová e in sala sono stati letti i brani-testimonianza della scrittrice e artista Ceija Stojka, deportata nei Lager nazisti perché Rom e sopravvissuta al genocidio.