Nel Giardino che non c’è

Il 2 ottobre al Meis – Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah riapre il primo segmento del percorso permanente intitolato «Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni», curato da Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla e progettato dallo Studio Gtrf. Racconta in modo rigoroso e originale l’inizio dell’insediamento ebraico in Italia. Per la prima volta con simile ampiezza vengono narrati la storia ebraica dalla prima presenza sulla penisola nell’Età Romana (II secolo a.e.v.) al Medioevo (X secolo d.e.v.) e il modo in cui gli ebrei italiani hanno costruito la propria identità, peculiare rispetto ad altri luoghi della diaspora.

Il 14 marzo aprirà la prosecuzione del percorso permanente: «Il Rinascimento parla ebraico». Curata da Giulio Busi, racconta il dialogo tra la società cristiana maggioritaria e gli ebrei italiani, già capillarmente diffusi sul territorio in uno dei periodi più importanti della storia culturale del Paese.

Il prossimo 30 ottobre, invece, s’inaugura «Il Giardino che non c’è», mostra temporanea dell’artista israeliano Dani Karavan visitabile fino al 10 febbraio.

«L’idea mi è venuta a Ferrara, spiega Karavan, quando mi sono imbattuto in un gruppo di turisti americani che stavano cercando il giardino dei Finzi-Contini così come lo avevano visto nel film di De Sica, vincitore dell’Oscar, tratto dal libro di Giorgio Bassani. Pensavano fosse dietro un muro in corso Ercole I d’Este, ma non trovarono nulla di simile a quel giardino, perché quel luogo non era mai esistito: era il frutto dell’immaginazione di Bassani. La mia idea è di usare il muro in corso Ercole I d’Este e crearvi l’entrata in un vuoto, nel giardino che non è mai esistito. Le persone vi entreranno attraverso una ferrovia. Servirà anche per ricordare la tragica storia della famiglia Finzi-Contini e di molte altre famiglie ebraiche in Italia, deportate ad Auschwitz durante l’occupazione nazista». Nella mostra saranno esposti il modello e i diversi materiali dell’installazione di Karavan, oltre al manoscritto originale del romanzo di Bassani e ai vari lavori realizzati dall’artista e architetto israeliano in giro per il mondo.

Stella Ingino

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