
Movimento, ritmo, energia: la Batsheva Dance Company porta la sua danza a Ferrara

di Federica Pezzoli
A giudicare dagli applausi, lunghi e intensi, con i quali il pubblico ha ringraziato i performers al termine dello spettacolo, domenica sera al Teatro Comunale Claudio Abbado, tutti sperano che quello portato in scena dalla compagnia israeliana – fondata a Tel Aviv dalla contessa Batsheva de Rothschild con la supervisione di Martha Graham – non sia il loro “Last work” a Ferrara. E sperano anche non si facciano attendere altri quattro anni: i ballerini di Ohad Naharin sono, infatti, già stati ospiti della città estense nella stagione coreutica 2013-14 con “Deca Dance”.
Allora come ora lo spettacolo ha portato sul palco per un’ora energia palpabile, che inchioda lo spettatore alla sedia, ma anche forti contrasti: “Last work” è una coreografia che non può lasciare indifferenti.
Sullo sfondo, per l’intera ora di spettacolo, una giovane donna in blu corre a un ritmo costante e imperturbabile, quasi indifferente rispetto a ciò che le accade intorno. Il suo ritmo è un battito, un ticchettio, che contrasta con la lentezza estrema dei movimenti dei performer in primo piano, cui seguono accelerazione e immobilità improvvisa: una resistenza contro l’ineluttabilità dello scorrere del tempo.
I ballerini, in una scena delimitata da pannelli bianchi, si muovono come cicogne, rasentano il terreno accovacciati, si piegano profondamente e poi esplodono in salti dirompenti in ogni direzione. Il loro movimento cambia continuamente: è piatto e poi nodoso, semplice e poi lirico, strano e poi ancora più strano. Un momento incredibilmente istintivo, rigido e autoritario il momento seguente. Prima strisciano e beccano come uccelli incapaci di volare solo per improvvisamente radunarsi e marciare come un sol uomo. Singolarità, grumi, coppie si alternano. Assoli e duetti ratificano il maggior potere del gruppo da cui emergono e in cui sono assorbiti. L’unica costante dell’intero pezzo è una tensione crescente, che contrasta con la quiete della ragazza in blu che corre. Possono passare lunghi momenti in cui l’osservatore dimentica del tutto di lei, ma i ballerini improvvisamente la incorniciano con i loro corpi, o le musiche originali di Grischa Lichtenberger e montate da Maxim Warat, si ritirino, lasciando solo il suono del tapis roulant.
“Last Work” travolge e sconvolge. Il movimento non è lì per compiacere un pubblico. Il movimento, come la vita, esiste semplicemente. Ecco il senso delle parole di Naharin: “Quale potrebbe essere il ruolo della danza per permettere una migliore comprensione delle istanze e delle culture altrui? L’arte può insegnare la virtù di una nuova soluzione e il vantaggio di rinunciare a idee preconcette. La danza in particolare insegna che connotazioni nazionali, religiose, geografiche ed etniche non hanno importanza”.
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