Liliana Segre racconta Auschwitz agli studenti: “Pensavo fosse un incubo”

di Simone Pesci

“Ascoltatemi come nonna”. Liliana Segre esordisce così, di fronte agli oltre 700 studenti che stipano il Teatro Nuovo – e che la accolgono con una lunga standing ovation -, impazienti di sentire il racconto di vita della matricola 75190, una delle ultime sopravvissute ad Auschwitz. All’incirca, Liliana aveva la stessa età che hanno gli studenti che oggi la ascoltano con il fiato trattenuto.

“Ero una bambina qualunque, viziata come io vizio ora i miei nipoti, che a 8 anni si sentì dire che era stata espulsa da scuola e che non poteva frequentare la terza elementare” ricorda Segre, che torna con la mente a quei terribili giorni che iniziarono a segnare per sempre la vita degli ebrei italiani.

“Mi chiesi – prosegue – perché con gli occhi pieni di lacrime, e ancora oggi non ho trovato risposta. Casa mia diventò improvvisamente triste, e ricordo i poliziotti che entravano prepotentemente per controllarci i documenti. Ci trattavano da nemici della patria, la cui unica colpa era quella di essere nati”.

Allo scoppio della guerra la famiglia Segre si trasferì in un paesello della Brianza, dove Liliana ricorda che “ero l’unica che non andava a scuola, e allora io dicevo che dovevo occuparmi di mio nonno, malato di Parkinson. Amavo stare con lui”. Dopo l’8 settembre 1943 il padre tentò di nasconderla da alcuni amici, anche se “io non volevo abbandonare la mia famiglia e non ero grata a chi cercava di nascondermi, lo sono diventata dopo”. Liliana e il padre provarono la fuga verso la Svizzera, ma un ufficiale svizzero-tedesco “ci disse che eravamo persone infime e ci riportò al confine, dove fummo arrestati. Come entra una tredicenne in carcere? Piangevo, e mi chiedevo il perché”.

I Segre lasciarono il carcere di San Vittore il 30 gennaio 1944: “Su quel trasporto partito dal binario 21 della stazione centrale di Milano fummo in 605 e tornammo in 22. Ci caricarono su un carro bestiame, senza luce, senz’acqua, solamente con un secchio. Eravamo 40-50 persone in ogni vagone e c’era odore di urina, paura e morte. Il viaggio durò una settimana e sviluppò in tre fasi: inizialmente piangevano tutti; in una seconda fase gli uomini religiosi iniziavano a radunarsi per lodare Dio, ma negli ultimi due giorni ci fu un silenzio essenziale, di quando si sta per morire. Arrivati ad Auschwitz il silenzio si contrappose ai tanti rumori e iniziò la grande selezione della Shoah, che non fu una cosa istintiva ma programmata da anni”.

Mentre lancia una stoccata ai negazionisti – “a un orrore talmente indicibile è più facile non crederci” – e rivela qualche attacco ricevuto sul web – “ma poi mi trovo davanti voi e ho la mia coscienza” -, Segre nota qualche studente parlottare e ridacchiare: “Se – li riprende quasi sottovoce – non avete voglia di ascoltare, invito i vostri insegnanti a farvi uscire. Io non mi offendo ma non c’è niente da ridere”.

Passato lo spiacevole inconveniente, il racconto si fa concitato: “Dopo la separazione fra uomini e donne, ci dissero che dopo la registrazione ci saremmo ritrovati. Invece fummo selezionati, di quelle 605 persone selezionarono 31 donne e una settantina di uomini. Quando entrai nel campo di Birkenau-Auschwitz e vidi il crematorio, le baracche e le persone scheletrite pensavo di essere in un incubo”.

Il destino riservò a Segre un posto “da schiava-operaia in una fabbrica di munizioni, ma fu una fortuna lavorare al coperto in quegli inverni”, e soprattutto il passaggio di “tre selezioni, nell’anno che rimasi ad Auschwitz”.

Proprio una selezione rappresenta uno dei momenti più significativi della senatrice: “I Kapo, dopo averti denudato, controllavano le tue condizioni ed eri grata al tuo assassino quando ti lasciava in vita. In fabbrica lavoravo come inserviente di Jeanine, una ragazza francese. Due giorni prima della selezione un macchinario le tranciò due dita, mentre io mi rivestivo felice sentii che la fermarono dietro di me. Non mi sono voltata, non le ho fatto coraggio, non l’ho salutata e il giorno dopo al suo posto c’era un altra persona. I miei assassini erano riusciti a farmi diventare una lupa affamata ed egoista. Fui orribile, vigliacca”.

La marcia della morte, a cui fu costretta anche Segre, diventa però una sorta di insegnamento per il presente: “Mi chiedevo come Liliana avesse fatto a macinare tutti quei chilometri. Ragazzi, non dite mai che non ce la fate più, non è vero. Siamo fortissimi e dobbiamo trasformare la marcia della morte nella marcia della vita, che potete plasmare per gran parte con le vostre mani. Abbiate coraggio e orgoglio di come siete senza ascoltare i bulli, chi fa il bullo è quello che da grande può fare il Kapo, hanno la stessa consistenza. Sono i più fragili che hanno bisogno di dire che sono forti, i forti non ne hanno bisogno”.

Altri contenuti

Formazione online per gli insegnanti delle scuole secondarie

Formazione online per gli insegnanti delle scuole secondarie

In un momento storico attraversato da stereotipi, pregiudizi e paure, il MEIS propone il corso online di formazione “Ebrei: falsi miti, leggende, pregiudizi” indirizzato agli insegnanti delle scuole secondarie di primo e secondo grado e dedicato a riconoscere e decostruire i luoghi comuni dell’antisemitismo per far fronte alle sfide di una società segnata da conflitti.Attraverso […]
Fomazione per gli insegnanti della scuola primaria

Fomazione per gli insegnanti della scuola primaria

Il MEIS propone il nuovo percorso di formazione “Proteggere o raccontare? Parlare di Shoah nella scuola primaria” indirizzato ai docenti della scuola primaria e che si svolgerà in presenza al MEIS (via Piangipane 81, Ferrara).Il corso è pensato per chi desidera approfondire strumenti, linguaggi e prospettive per raccontare la Shoah alle nuove generazioni.Attraverso incontri con […]
Al MEIS ritorna la Giornata Europea della Cultura Ebraica

Al MEIS ritorna la Giornata Europea della Cultura Ebraica

Domenica 14 settembre torna al MEIS la Giornata Europea della Cultura Ebraica, l’iniziativa che ogni anno fa conoscere in centinaia di città l’ebraismo in tutte le sue sfaccettature. EDIZIONE 2025 – IL POPOLO DEL LIBRO Il tema di quest’anno, Il popolo del libro, è stato scelto per il suo straordinario potenziale nel raccontare l’eredità culturale ebraica, rafforzare il dialogo […]
10 luglio, evento in presenza

10 luglio, evento in presenza

In occasione delle ultime due settimane della mostra “Bellissima Ester. Purim, una storia senza tempo”, il 10 luglio alle 17.30 vi invitiamo al MEIS (via Piangipane 81, Ferrara) per trascorrere un pomeriggio insieme tra arte, storia e letteratura. In apertura il Direttore del MEIS Amedeo Spagnoletto farà una visita guidata tematica dedicata alla Regina Ester e alla sua identità nascosta. A seguire, verrà […]
Prorogata  fino al 20 luglio la mostra del MEIS “Bellissima Ester”

Prorogata  fino al 20 luglio la mostra del MEIS “Bellissima Ester”

Grazie al successo riscosso negli ultimi mesi, verrà prorogata fino al 20 luglio la mostra Bellissima Ester. Purim, una storia senza tempo allestita al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS di Ferrara. Curata da Amedeo Spagnoletto, Olga Melasecchi e Marina Caffiero, con la collaborazione di SharonReichel e l’allestimento firmato dall’Architetto Giulia Gallerani, l’esposizione è dedicata alla festa ebraica di Purim, una celebrazione di gioia e di riscatto che […]