Karavan nel giardino che non c’è materializza i sogni di Bassani
Ferrara svela ancor oggi l’abbondanza di spazi verdi, privati e pubblici, che testimoniano la sua vocazione di città giardino, come già nel caro, dolce, pio passato, avrebbe detto Bassani. Spazi verdi reali, ma altri di fantasia, quali le selve dove Tasso fa vivere il suo Aminta, e lì s’intrecciano affetti di giovani, ma “amano ancora gli alberi”, la vite si stringe all’olmo, si uniscono tra loro faggi, abeti e salici; sono le stesse varietà di essenze che Giorgio Bassani immagina piantate dai Finzi-Contini nel giardino che dona il suo nome al romanzo più famoso di questo autore. Tuttavia, contrariamente a quanto molti credono, quel mondo vegetale circoscritto da alte mura non è mai esistito in quanto tale, e questo ha stupito, molti anni fa, anche lo scultore israeliano Dani Karavan, nato a Tel Aviv nel 1930, che offre al Meis (Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah di via Piangipane) un contributo e un progetto per questo Giardino che non c’è.
Karavan giunse a Ferrara per la prima volta nel ’56, per vedere gli affreschi di palazzo Schifanoia. Ha studiato proprio la tecnica della pittura murale all’Accademia di Firenze, ma è artista poliedrico e pratica molte e diverse forme d’arte, in molti Paesi del mondo. Ha vissuto anche a Bologna, da dove giungeva spesso a Ferrara, con amici come Paolo Ravenna e Andrea Malacarne.
Le sue elaborate e lineari realizzazioni si coniugano alla “land art”, l’intervento dell’artista sulla natura, insieme ad una “site-specific”, ovvero un apporto pensato per un luogo specifico. Karavan rielabora spazi difficili, siti mentali detti “environments” (precisati dalla fusione tra natura, costruzioni, elementi scultorei ma anche acqua, luce e raggi laser) come un giardino fantastico denso di richiami all’Ebraismo. Ferrara è inclusa in questo pensiero e nella sua azione conseguente. Così il maestro ha pensato ad un futuro spazio simbolico presso l’Addizione Erculea, una sorta di “installazione” dove materializzare i sogni di Bassani.
Al Meis, tra maquettes (eseguite da Anne Tamisier), proiezioni e materiale eterogeneo e materico, si vede pure un tratto di ferrovia, come quella che conduceva treni diretti verso un cupo altrove, contrapposta ad un topos ferraresissimo, la bicicletta, simbolo di una libertà semplice e molto umana. Alla presentazione de Il Giardino che non c’è, che apre oggi, erano presenti, oltre all’artista e alla figlia Noa, curatrice della mostra, il sindaco Tagliani, i vertici del Meis, Simonetta della Seta e Dario Disegni, oltre a Noemi Disegni, Daniele Ravenna (che ha rammentato la chiusura delle celebrazioni bassaniane, proprio qui con l’esposizione dell’originale del Giardino dei Finzi-Contini). La novità è che il 14 marzo 2019 apre al Meis la mostra Il Rinascimento parla ebraico, che copre il periodo dal Medioevo al 1555, curata da Giulio Busi e Silvana Greco.
Micaela Torboli