Il Giardino che non c’è

È pressoché inevitabile che tutti i turisti che si recano a Ferrara si mettano a cercare il «giardino dei Finzi Contini» descritto da Giorgio Bassani nel suo celebre romanzo. Peccato che quel luogo enigmatico, animato da partite di tennis, passeggiate in bicicletta e alberi rari, in realtà non esista. Fu anche portato sul grande schermo da Vittorio De Sica nel film Premio Oscar 1972, ricostruito tra Roma e la Brianza, e negli anni in tanti si sono cimentati nell’impresa di provare a rintracciarne una corrispondenza reale nella geografia urbana di Ferrara.

Proprio da un incontro casuale con una comitiva di turisti stranieri è scaturita l’ispirazione dell’artista israeliano Dani Karavan, che a quel giardino della finzione ha deciso di restituire consistenza. Il suo progetto per un giardino da realizzare nel cuore di Ferrara è al centro della mostra «Il Giardino che non c’è», da oggi al 10 febbraio 2019 al Meis, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di via Piangipane 81.

«Sono venuto – racconta l’ottantasettenne Karavan – la prima volta a Ferrara nel 1956 per vedere gli affreschi di Francesco del Cossa e Cosmé Tura. Mi sono innamorato di questa città e da allora ci sono tornato molte altre volte. Negli anni ’80 vi ho incontrato Paolo Ravenna di Italia Nostra con cui scoppiò subito un’amicizia. Grazie a lui ho scoperto il volto ebraico di Ferrara e la storia di Giorgio Bassani». Ed ecco l’idea de «Il Giardino che non c’è»: «Mi è venuta – continua – quando mi sono imbattuto in un gruppo di americani che cercava il giardino dei Finzi-Contini dietro un muro di Corso Ercole I d’Este, senza però trovare nulla. Quando chiesi a Paolo, mi disse che lì non era mai esistito e che era frutto dell’immaginazione dello scrittore». Così Karavan ha deciso di usare proprio quel muro in Corso Ercole I d’Este per creare l’entrata in uno spazio vuoto ma al tempo stesso popolato di oggetti. Come i binari di una ferrovia, per far accedere fisicamente il pubblico al luogo e ricordare il tragico destino delle tante famiglie ebraiche italiane che in treno andarono incontro alla morte, deportate dai nazisti nei campi di concentramento. «E poi la bici, un riferimento a Bassani e ai suoi amici – continua Karavan, noto in tutto il mondo per i suoi interventi su spazi naturali e architettonici – che giravano così per Ferrara, proprio come il suo alter ego Giorgio e gli altri ragazzi e ragazze nel libro. Mentre una scala alluderà al desiderio di Giorgio di arrampicarsi oltre il muro della proprietà dei Finzi-Contini per incontrare Micol, giovane ed elegante donna della quale si era innamorato al primo sguardo, quando entrambi erano ancora bambini. Di fronte alla scala, un muro di vetro riporterà estratti dalle pagine in cui Bassani descrive il giardino, in tutte le lingue in cui il suo romanzo è stato tradotto».

Accanto al modello e agli altri materiali dell’installazione pensata da Karavan per Corso Ercole I d’Este, la mostra al Meis include il manoscritto originale de «Il Giardino dei Finzi-Contini», cinque quaderni rispuntati due anni fa e oggi conservati dal Comune di Ferrara. Oltre a un percorso tra alcuni degli oltre cinquanta lavori site specific firmati da Karavan in tutto il mondo. Dal memoriale su sinti e rom a Berlino alla camminata sui diritti umani a Norimberga, dall’omaggio a Walter Benjamin a Portbou in Catalogna, dove il grande intellettuale morì suicida per non cadere nella mani della Gestapo nazista, al monumento al deserto nel Negev e al «Way of Peace» al confine tra Israele ed Egitto.

«Trovo molto adatto – conclude Karavan, che vive tra Parigi e Tel Aviv – illustrare il mio progetto nell’edificio, ex carcere della città trasformato in museo, in cui Bassani fu detenuto sotto il regime fascista».

Piero Di Domenico

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