
Gli intellettuali/scrittori ebrei e il dovere della testimonianza

Quanti intellettuali ebrei si sono sentiti chiamati a interrogarsi sul rapporto tra storia e verità? Quanti si sono impegnati a far luce sui momenti bui della conoscenza?
“Un’umanità che dimenticasse Buchenwald, Auschwitz, Mauthausen, io non posso accettarla. Scrivo perché ci si ricordi di questo”. Giorgio Bassani, ad esempio, rispondeva così a chi gli chiedeva perché avesse iniziato a scrivere.
Partendo dalle sue parole, Anna Dolfi ha raccolto le riflessioni di studiosi italiani e stranieri su narratori, poeti, saggisti, storici, filosofi, editori e artisti ebrei che, proprio per la loro difficile appartenenza, hanno avvertito il dovere morale di testimoniare e di essere in prima linea nella società e nella trasmissione della memoria. Prendendo le mosse dalla tradizione ebraica antica e da leggende rivissute in chiave politica e libertaria, dopo il Romanticismo e l’Ottocento tedesco, il suo libro porta in primo piano le moderne voci della letteratura e della cultura europea e nordamericana, della tradizione yiddish e orientale. Ecco, allora, gli esponenti ebrei della Mitteleuropa – Canetti, Schulz, Döblin, Antelme, Wiesel, Sebald, Oz, Grossman, Nelly Sachs, Irène Némirovsky – e, tra gli italiani, Arturo Loria, Natalia Ginzburg, Giacomo Debenedetti, Cesare Segre, lo stesso Bassani e Primo Levi.
Oltre che dalla curatrice, l’opera edita da Firenze University Press sarà presentata da Giulio Busi, Silvana Greco, Portia Prebys, Marcella Ravenna, Gianni Venturi e Daniel Vogelmann. Introduce il Direttore del MEIS, Simonetta Della Seta
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