«Film al Meis, successo oltre ogni aspettativa»
di Pierfrancesco Giannangeli
Centro al primo colpo. Amedeo Spagnoletto è arrivato alla direzione del Meis alla metà di giugno e ha messo subito in campo un’iniziativa per coinvolgere la città. Si tratta di una rassegna cinematografica dedicata all’identità ebraica, dal titolo appunto «Ebreo chi?» (cinque serate, prossimi appuntamenti il 26 agosto con «Yentl» e il 6 settembre con «Pecore in erba», info su www.meis.museum), che ha fatto segnare il tutto esaurito ogni sera.
Direttore, la città dunque risponde molto bene alla proposta.
«Sono molto soddisfatto. Certo, banalmente, abbiamo avuto fortuna col tempo: un appuntamento a settimana, e non un appuntamento quotidiano, moltiplica l’incognita. Per il resto il successo è oltre qualsiasi migliore aspettativa. Abbiamo cominciato senza esperienza, ma con una passione enorme, volendo dare risposte alla situazione creata dal coronavirus e ci siamo inventati questa iniziativa che il Meis non aveva mai pensato». E allora, ebreo chi? «E’ un approfondimento della diversificazione dell’identità, per trasmettere l’idea che si tratta di tante identità che possono essere declinate in forme poliedriche».
A quale tipo di platea vi rivolgete?
«La nostra intenzione, oltre a rivolgerci agli affezionati, è quella di intercettare un nuovo pubblico che di solito non mette piede dentro i musei. Il risultato è stato inaspettato. La prima proiezione, un film complicato come «La sposa promessa», è andata sold out con persone fuori che non potevamo far entrare per le norme anti-covid. A quel punto abbiamo optato per le prenotazioni e c’è stato sempre il pieno».
Qual è il nocciolo del successo?
«La novità e non la semplice proiezione. Non sono film scelti a casaccio, ma un progetto che attraverso alcuni titoli abbiamo voluto condividere e trasmettere. L’introduzione, poi, è il valore aggiunto, perché cerca di far capire tutti gli aspetti estetici e produttivi che stanno dietro al film. Accompagnamo lo spettatore dentro il film e al pubblico fa piacere: è un modo di essere spettatori che coinvolge. Ho visto mutare il pubblico, arrivare le famiglie e i giovani, da tutto il territorio. Adesso abbiamo tante aspettative. Un’altra cosa carina è stato poter assistere alle proiezioni sdraiati sui plaid, che alla fine regaliamo agli spettatori».
Perché avete scelto proprio il cinema?
«Francamente, sono arrivato il 15 giugno e mettere in piedi una kermesse di altre arti sarebbe stato impossibile. Avevo a disposizione collaboratori bravi in materia ed ero convinto che il cinema potesse funzionare. Abbiamo messo un prezzo simbolico, 2 euro, per dire alla città che vogliamo arrivare vicino a tutti, condividere esperienze e farle serenamente in modo spensierato».
In generale, qual è la sua idea di Meis?
«Penso che abbia una missione su tutte le altre, quella della didattica e della formazione di docenti e studenti. Ferrara è un luogo congeniale per raggiungere un bacino ampio e trovare al Meis un luogo per implementare le proprie conoscenze. Abbiamo il dovere di mantenere la memoria e trasmetterla alle nuove generazioni. E’ il luogo ideale per dimostrare che la convivenza è possibile, soprattutto in un Paese come il nostro che ha garanzie costituzionali che vanno preservate e sviluppate. E’ una storia di duemila anni di relazione con la società, che ha avuto un brusco fermo durante le leggi razziali e la persecuzione nazifascista. Però dal dopoguerra a oggi questa storia ha avuto un grande risveglio».