Anche l’Unione Europea aderisce alla rete contro l’antisemitismo
Stefano Lolli
L’UNIONE Europea diventa partner permanente dell’Ihra (l’alleanza internazionale per il ricordo dell’Olocausto): dalla plenaria del Teatro Comunale, che ha visto ieri i 300 delegati di tutto il mondo chiudere l’importante summit che si è svolto nella nostra città, un’adesione non scontata, e fondamentale nello sforzo comune contro l’antisemitismo. A siglare l’ideale patto, Katharina von Schnurbein, che ha idealmente raccolto gli slanci dei paesi (32, con l’ingresso avvenuto proprio ieri, della Bulgaria) che già formano la rete. «Dobbiamo combattere alcune criticità – ha spiegato, parlando per conto della delegazione italiana, il direttore del Meis Simonetta Della Seta –: assistiamo a una banalizzazione degli atteggiamenti antisemiti che porta gli autori degli stessi a non rendersi nemmeno conto delle implicazioni, come succede spesso, per esempio, negli stadi. C’è poi l’indifferenza di molti, che assistono a episodi discriminatori, razzisti o francamente antisemiti senza denunciarli. Né possiamo dimenticare l’effetto moltiplicatore del web: le risorse che le piattaforme social investono nella rimozione dei siti che incitano all’odio sono chiaramente insufficienti». Perciò, ha incalzato la Della Seta, «i governi devono arrivare a un impegno più deciso sia in fase di prevenzione, con l’educazione sia civica che storica, che in fase di repressione: siamo ormai di fronte a un’emergenza democratica».
NELL’IMPEGNATIVA tre giorni, letteralmente blindata da un imponente apparato di sicurezza, spazio anche a una cena di gala. Preparata dagli studenti del Vergani sotto l’egida dello chef Laura Ravaioli. Che racconta: «Una serata straordinaria: per la prima volta in Italia un’intera cena, e un’intera scuola, sono state rese casher’. Alla lode dei commensali, aggiungo la mia per l’entusiasmo dei ragazzi della scuola alberghiera, e la disponibilità dei loro dirigenti e docenti». Un menu incentrato sulle ricette della tradizione ebraica, «e soprattutto su ricette di donne deportate, dalla mitica ‘Zì Fenizia’ che friggeva di tutto – sorride la Ravaioli – alla ‘tazzina di nonna Rosina’, recuperata da un quadernino familiare conservato da Simonetta Della Seta». Quasi 400 i ragazzi impegnati tra cucina e servizio nelle sale degli Imbarcaderi, e la sensazione «che la cucina è vita, memoria, ricordo». Festoso, perciò, il conclusivo brindisi al motto Le Chajim (traduzione ‘alla vita!’), l’ispirato equivalente del nosrano cin cin.