«Spagnoletto, scriba della contemporaneità»
di Vittorio Robiati Bendaud
Barukh habà, Yedidiah, Benvenuto, Amedeo! Ho appreso con entusiasmo e felice sorpresa della nomina di Amedeo Spagnoletto a direttore del MEIS. Per gli ebrei d’Italia, Amedeo rinvia concretamente alla Torah, nella sua dimensione fisica, visiva e tattile. Per l’ebraismo italiano contemporaneo egli è il sofér per eccellenza. Uno scriba nell’era dei linguaggi elettronici; un finissimo conoscitore di manoscritti, libri a stampa e caratteri mobili. Chi non è addentro a questo mondo, può facilmente pensare che l’amanuense sia una vetusta anticaglia, forse evocativa ed esotica, sopravvissuta, con una certa ostinazione, al trascorrere del tempo. Al contrario, Spagnoletto è un acuto contemporaneo, che coniuga il passato remoto con la celere liquidità del nostro presente, tra la feroce e continua erosione dell’istante e una dimensione immota. Penna e calamo, antichi inchiostri e pergamena – lavorata sin da subito affinché su di essa vengano impresse le sacre lettere della Torah -, si accompagnano ad avanguardistiche tecnologie ottiche e informatiche. L’attività manuale si fonde con la passività rispetto alla ‘copia’ fedele del dettato di un Testo superno e sovrano. L’apprezzata arte calligrafica non diviene mai libero estro artistico, ma è incanalata in uno stretto alveo. La personalità del sofèr – la sua fede, il suo intelletto, la sua arte, il suo tempo, il suo affaticarsi fisico e mentale – è imprescindibile, tuttavia essa scompare, nascosta nelle eterne lettere della Torah, che sole si stagliano dal lucore bianco della pergamena: una sinfonia di vuoti e pieni, bianco e nero, silenzio e parola, scrittura e cantillazione, presenza e assenza. La complessità e l’essenziale, amore e rigore. Questo punto prospettico originale, gravido di possibilità e potenzialità, che Amedeo ha lungamente affinato e interiorizzato, potrebbe davvero molto giovare al MEIS e a Ferrara. In questi anni di incontri e attività ferraresi ho potuto seguire il lavoro alacre e costante, puntuale e spesso non facile, di Simonetta Della Seta. Molte insidie si accompagnano inevitabilmente alle fasi iniziali di progressiva concretizzazione di un progetto tanto ambizioso quanto opportuno come l’erigendo MEIS. La professionalità e la dedizione ampiamente profuse dalla direttrice uscente sono state un valido ausilio e riparo. Restano interrogativi costruttivi e ineludibili riguardo al MEIS, anche di natura solo apparentemente logistica. Se si vuole che con esso la Nazione riscopra e valorizzi la storia e l’enorme patrimonio spirituale degli ebrei italiani, come pure che l’ebraismo mondiale possa così riappropriarsi del contributo specifico e unico dell’ebraismo italiano, è impellente che vi siano ristori, ristoranti, pub e hotel kasher. Questo è un impegno e un obiettivo che l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane deve assumersi; è un impulso di rinnovamento per la locale Comunità; è un’opportunità lavorativa per molte piccole e medie realtà imprenditoriali ferraresi. Mi sovviene, poi, il mio viaggio di classe in V liceo: l’obiettivo era divertirsi e ‘concludere’ con le ragazze. Peraltro, i viaggi di istruzione sono purtroppo spesso verso l’estero. Dobbiamo riappropriarci del nostro Paese! Ferrara, Padova, Mantova sono realtà confinanti che coniugano storia ebraica, letteratura italiana, arte e Rinascimento. Credo che il MEIS dovrebbe aprire un tavolo operativo con gli Uffici turistici, gli Uffici Scolastici, i Ministeri, i Comuni e le locali Comunità Ebraiche per pensare a una svolta turistico-culturale, con opzioni interessanti per l’indotto economico delle realtà locali. Post scriptum: sarei felice se il dottor Spagnoletto potesse raccogliere la discussione sul Genocidio Armeno avviata settimane fa su questo giornale.