«Responsabili anche i giuristi. Si voltarono dall’altra parte»
«La Shoah è stata il frutto di un diritto diseguale che ha discriminato un’intera comunità considerata, sulla base di una pseudo scienza, incompatibile con la civiltà»: Giovanni Canzio, presidente emerito di Corte di Cassazione, usa parole precise, per parlare del passato, al convegno “Le leggi antiebraiche, il razzismo, il ceto dei giuristi” tenuto ieri a Giurisprudenza. «Il nostro dovere come giuristi – ha sottolineato – è di assumerci la responsabilità di quanto accaduto perché, senza una solida base legislativa, il regime fascista non avrebbe raggiunto il suo obiettivo». Furono tanti i giuristi che aderirono al fascismo e altrettanti quelli che si posizionarono nella cosiddetta “zona grigia”, limitandosi ad applicare leggi senza criticarle e dimenticando l’allora vigente Statuto Albertino che avrebbe dovuto garantire l’uguaglianza di tutti i cittadini del Regno. Pochissime, invece, furono le figure della magistratura e dell’avvocatura che opposero al Regime, che non rinunciarono a sostenere idee difformi e che pagarono con la vita questa presa di distanza. «Già allora esistevano istituzioni di garanzia – ha ricordato Canzio – ma queste non funzionarono: il Re promulgò le leggi antiebraiche e per primo tradì lo Statuto dei padri, alla Camera e al Senato si registrarono pochissimi voti contrari e nella magistratura prevalse la “zona grigia”». «Oggi invece – ha continuato – le istituzioni di garanzia sono di più e più forti ma resta il monito: mai dar nulla per scontato, ciò che è avvenuto può accadere di nuovo e ricadere nel buio». All’incontro, anche la direttrice del Meis Simonetta Della Seta: «Bene questi incontri, bisogna fuggire dalla retorica della memoria e diffondere la conoscenza».
Giovanna Corrieri