Non nominare il nome del Signore: le sviste pilotate nel Rinascimento
da ANNA GANDOLFI – CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA
«Io sono… che ti ha fatto uscire dall’Egitto». Cosmè Tura nella Madonna Roverella (1470-1474) riproduce le Tavole della Legge e usa un ebraico perfetto, tranne in quel punto: dovrebbe scrivere «il Signore», ma la parola salta. Vittore Carpaccio, nella Nascita di Maria (1502, sopra), modifica il tetragramma divino. Imperizia? No. Il Rinascimento parla ebraico, fino al 22 settembre al Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara (meis.museum), racconta anche errori voluti, sviste pilotate con cui i grandi artisti mostravano rispetto per il divieto di pronunciare il nome del Signore in contesti profani. Dettagli da scovare fra i dipinti in un percorso più ampio — in mostra sculture, reperti archeologici, antichi testi — costruito dai curatori Giulio Busi e Silvana Greco seguendo la tesi: «Gli ebrei, durante il Rinascimento, c’erano. In prima fila, attivi e intraprendenti. E hanno contato parecchio. Certo hanno preso, imitato, riprodotto. Ma hanno anche dato e ispirato».