Le prime notizie di insediamenti ebraici a Ferrara si hanno a partire dal XII secolo, mentre una più numerosa comunità si registra solo dalla prima metà del Duecento, in seguito all’arrivo di prestatori provenienti da Roma e dal centro Italia, con zona di insediamento nell’area di via Centoversuri. Il periodo di maggiore fioritura della comunità si attesta attorno al Quattrocento, quando le zone di residenza degli ebrei si spostano verso via Sabbioni, oggi via Mazzini, e via San Romano.
La casa d’Este e, in particolare i duchi Ercole I e Ercole II, seguono una politica di apertura e accoglienza nei confronti degli ebrei, il culmine della quale sono gli editti con cui si invitano gli ebrei spagnoli e portoghesi, cacciati dalle proprie terre nel 1492, a insediarsi in città.
L’arrivo di questi profughi, spesso mercanti, studiosi e medici, ha un notevole impatto su Ferrara e ancora oggi ne troviamo traccia.
Il passaggio della città allo Stato della Chiesa, nel 1598, coincide con la decadenza della comunità. Nel tempo si moltiplicano limitazioni e proibizioni che culminano, nel 1627, con l’istituzione del ghetto, individuato nella zona tra via Sabbioni (oggi via Mazzini), via San Romano, via Gattamarcia (oggi via Vittoria) e via Vignatagliata. La segregazione dura oltre un secolo, con una temporanea apertura del ghetto durante l’occupazione francese, nel 1796, ma è solo con l’Unità d’Italia che gli ebrei, ferraresi inclusi, conquistano la definitiva libertà.