Meis, capolavori per non dimenticare

PABLO PICASSO, Käthe Kollwitz, George Grosz. E poi Renato Guttuso, Emanuele Luzzati, Giacomo Manzù, Aligi Sassu, Ernesto Treccani. Sono solo alcuni degli artisti da poco entrati al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah grazie alla donazione dell’israelo-svizzera Karin OhryKossoy, che al Meis ha affidato l’album ‘Non dimenticare. Deuteronomio 25/17’, appartenuto al padre Edward e contenente ben trentadue stampe di enorme valore: «Non solo in termini economici – precisa il direttore Simonetta Della Seta –, quanto come testimonianza di una vicenda che lega profondamente l’Italia a Israele. La mostra delle opere riprodotte nel volume, che risale al 1962, è stata promossa dall’Associazione Donne Ebree d’Italia, all’indomani del processo Eichmann, vero e proprio spartiacque della storia. «Mio padre – racconta Karin – era un avvocato specializzato nella restituzione dei beni ai sopravvissuti all’Olocausto da parte delle autorità tedesche». La Shoah non aveva risparmiato nemmeno lui: «Era scampato alla morte emigrando in Russia, ma la sua prima famiglia era stata eliminata in Polonia». La stessa sorte toccata anche alla madre di Karin: «Perse i suoi familiari, compresa una figlia, a Treblinka, mentre lei riuscì a sopravvivere a Bergen-Belsen. Poi andò in Palestina, dove conobbe mio padre». Edward Ohry-Kossoy acquistò le tavole a Ginevra, a un’asta pubblica, probabilmente tra gli anni ’70 e ’80: «Penso volesse donarle, ma non ha mai individuato un luogo adatto. Sono felice di averlo finalmente trovato io, qui al Meis». Meis che ospiterà, a novembre, la seconda assemblea plenaria dell’Alleanza Mondiale per la Memoria della Shoah.

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