“Il dialogo è vero se mi aggiunge qualcosa, nel rispetto delle differenze”

La fede di Gesù ci unisce, la fede in Gesù ci divide”, scriveva lo studioso ebreo Schalom Ben Chorin. E proprio da ciò che accomuna, rendendo fratelli e sorelle, 50 autori ebrei e cristiani hanno deciso di dar vita a un progetto senza remore definito “storico” dagli autori. Si tratta de “La Bibbia dell’Amicizia”, volume da poco uscito per le edizioni San Paolo e presentato lo scorso 13 febbraio nell’Istituto di Cultura “Casa G. Cini” a Ferrara. Il testo raccoglie i contributi sulla Torah/Pentateuco di 25 studiosi ebrei e di altrettanti cristiani (dei quali 24 cattolici e un valdese, Daniele Garrone), oltre alle prefazioni del Santo Padre Francesco e del rabbino argentino Abraham Skorka, “amico” di vecchia data di Bergoglio, col quale ha scritto “Il cielo e la terra”. Alla presentazione ferrarese sono intervenuti padre Giulio Michelini (Preside dell’Istituto Teologico di Assisi) – curatore del volume assieme a Marco Cassuto Morselli (docente di filosofia ebraica e storia dell’ebraismo e presidente della Federazione delle Amicizie ebraico-cristiane in Italia) – e Shemuel Lampronti (Università di Warwick, Inghilterra) in rappresentanza della componente ebraica. L’incontro, che ha visto la presenza di circa 70 persone ed è stato moderato da Piero Stefani (Segretariato Attività Ecumeniche e autore di uno dei commenti presenti nel libro), è stato aperto dai saluti del Direttore di Casa Cini, don Paolo Bovina, e di Simonetta Della Seta, Direttore del MEIS, che ha patrocinato l’evento organizzato dall’Ufficio Catechistico Diocesano-Settore per l’Apostolato Biblico, dall’Ufficio Ecumenismo e dialogo interreligioso, dall’Ufficio per la Cultura e dall’Istituto di Casa Cini. Il dialogo tra ebrei e cristiani – ha spiegato Della Seta – serve all’amicizia nel momento stesso in cui si mette in atto, ma dà anche risultati importanti nel tempo. Per questo, trovare basi comuni, appoggiando su valori condivisi, è fondamentale per affrontare alcune problematiche del presente”.

“E’ un progetto storico – ha affermato p. Michelini -, mai realizzato prima in un modo così organico e complesso, un’opera che viene dal lontano, che viene dall’alto”. “Avete creato un mondo”, avrebbe commentato Andrea Riccardi. “All’inizio – sono ancora parole di p. Michelini – nemmeno io credevo che il progetto del libro potesse andare a buon fine. La sua stessa realizzazione ha conosciuto momenti difficili. Però mi sono chiesto: ‘com’è possibile che prima ebrei e cristiani non avessero commentato insieme il testo biblico?’ ”. Un passaggio in particolare, di Evangelii Gaudium 249, ha ispirato il progetto al frate di Assisi, quello nel quale Papa Francesco scrive: “anche la Chiesa si arricchisce quando raccoglie i valori dell’Ebraismo. Sebbene alcune convinzioni cristiane siano inaccettabili per l’Ebraismo, e la Chiesa non possa rinunciare ad annunciare Gesù come Signore e Messia, esiste una ricca complementarietà che ci permette di leggere insieme i testi della Bibbia ebraica e aiutarci vicendevolmente a sviscerare le ricchezze della Parola, come pure di condividere molte convinzioni etiche e la comune preoccupazione per la giustizia e lo sviluppo dei popoli”. Lo stesso Pontefice nella prefazione al libro ribadisce il concetto: “E’ di vitale importanza, per i cristiani, scoprire e promuovere la conoscenza della tradizione ebraica per riuscire a comprendere più autenticamente se stessi”. “La prospettiva degli ebrei mi dà altro – ha ripreso p. Michelini -, mi dà di più rispetto a quel che già conosco, mi dà qualcosa che altrimenti non avrei potuto avere: è un dialogo vero, quindi, proprio perché mi aggiunge qualcosa.

Importante – ha proseguito – non è solo dialogare ma anche fare progetti assieme. E il fare insieme per ebrei e cristiani non può non avere la Bibbia come punto di partenza”. Nella sua prefazione al volume, Skorka scrive a riguardo: “Il primum vivere deinde philosophari è l’antitesi della proposta biblica, perché questa consegna un insegnamento circa il saper vivere con dignità. Si studia la Bibbia per sapere come operare nella vita. L’atto riflessivo si trova unito indissolubilmente all’azione e all’esistenza stessa. Lo studio della Bibbia è unito all’impegno che il suo lettore assume con le azioni che realizza, con le miṣwot, i precetti. Le dispute, come quelle che ebbero luogo nel passato, emergono quando l’azione si trova dissociata dall’insegnamento che porta al dialogo e al mutuo rispetto”.

Dialogo e rispetto non sempre presenti fra le due parti, anche se l’incontro fra ebrei e cristiani affonda le proprie radici agli albori del cristianesimo. E’ stato Lampronti a spiegare come “ora il dialogo è prassi corrente”, però da non troppi decenni, “molti cristiani hanno riconosciuto i propri errori, come ad esempio l’antisemitismo, o il forte proselitismo verso il mondo ebraico”. Dall’altra parte, “molti ebrei hanno affrontato il dialogo con non poco scetticismo, temendo, come anche alcuni cristiani, il rischio del sincretismo, di un’uniformizzazione che rischia di mangiarsi le differenze. Rischio che è particolarmente forte quando si cerca di leggere insieme le Scritture.

Il dialogo autentico – si è avviato a concludere Lampronti – riconosce e rispetta le differenze, mantenendo le peculiarità di entrambe le parti”.

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