«Fummo omertosi. La Shoah fu un delitto anche italiano»
di Camilla Ghedini
«Mi stava particolarmente a cuore perché avendo vissuto molto negli Stati Uniti mi ero reso conto che nel cinema la Shoah veniva rappresentata dai cattivi tedeschi in uniforme e stivaloni, quando invece è anche un delitto italiano». Così Furio Colombo, classe 1931, intellettuale, giornalista, politico e promotore della Legge della Memoria, di cui ricorrono nel 2020 i vent’anni. E sulla responsabilità «che io ricordo» dei nostri connazionali – compiacenti, omertosi, che denunciavano – si soffermerà anche oggi, alle 18.30, al Ridotto del Teatro Comunale, in un confronto sul futuro voluto da Meis e Isco nell’ambito delle iniziative organizzate dal Comitato provinciale. Evento preceduto, alle 16, al Meis, dall’inaugurazione della mostra ‘1938: l’umanità negata’. Una legge, la sua, che ha atteso quattro anni per diventare tale, perché «non veniva mai calendarizzata». L’approvazione, però, è stata unanime. Di cosa è più orgoglioso, vent’anni dopo? «Di essermi battuto contro la definizione di razza ebraica, che non esiste. Esiste la razza umana. Io non mi sono mai definito di destra o sinistra, ma semplicemente antifascista. La legge sta dalla parte di coloro che sono contro il razzismo, una invenzione malefica nata per perseguitare gli ebrei». Come mantenere intatto il valore della legge senza il rischio della banalizzazione? E come riconoscere, in chi la cita, l’autenticità dalla convenienza? «La banalizzazione è un pericolo che esiste in ogni celebrazione da Garibaldi in avanti. Ogni attività la possiamo svolgere con mediocrità, presunzione, scetticismo. L’autenticità è una parola ambigua, di valore oggettivo e soggettivo. Quando ci si affaccia a una platea per parlare al pubblico, il problema è agganciare l’attenzione e la tensione. E si misura dal grado di silenzio. Riguarda chi parla e chi ascolta». Razzismo: è un sentimento vero che si sta riaffacciando o è ‘inconsapevole’, frutto dell’ignoranza della storia? «L’ignoranza, con la rete, è diminuita, non aumentata come molti ritengono. Il guaio è che si cerca ciò che si vuole. Il razzismo è l’unico strumento veramente importante per i fascismi. Se il fascismo non ha il razzismo non ha nulla. Richiede il nemico». Che rapporto ha con Ferrara? «Sono legatissimo alla vostra città, in cui sono stato più volte, grazie ai libri di Bassani e a La lunga notte del ’43 di Vancini».