Da Perani a Yehoshua, Ferrara celebra il «Libro ebraico»

di MARIA PIA SCALTRITO

Quale filo si può intravedere, se esiste, tra letteratura ed Ebraismo? Possiamo accogliere un settore di pubblicazioni e idee che possa richiamarsi intorno al «Libro Ebraico»? Se volessimo dar retta a Philip Roth, appena scomparso nella malinconica sospensione di un pubblico mondiale, dovremmo dire che no, non esiste una letteratura ebraica: «Non scrivo in ebraico, scrivo in americano» ripeteva Roth. A ribadire l’universalità dell’arte e della scrittura. Allora, forse, potremmo ammettere solo l’esistenza di un profumo, una sorta di anima ebraica che si stende al di sotto (o al di sopra) di immagini e narrazioni? Chissà. Eppure basta scorrere il catalogo di un gigante dell’editoria, come Adelphi, per leggere decine di titoli nella collana dedicata appunto al legame tra letteratura ed Ebraismo. Oppure basterebbe dire che tutte le case editrici nazionali e internazionali, piccole e grandi, ospitano titoli e autori che attraversano la storia e il pensiero ebraico in punta di spirito o di ricerca. L’occasione per stemperare dubbi e cercare risposte potrebbe venire dalla prossima edizione della Festa del Libro Ebraico, prevista a Ferrara domenica 10 giugno. Un solo giorno denso di appuntamenti. La festa si apre con l’ebraista Mauro Perani che presenterà Nuovi studi su Isacco Lampronti. Storia, poesia, scienza e Halakah (Giuntina-MEIS, Firenze, 2017), un volume curato intorno ad una figura centrale dell’ebraismo ferrarese. Insieme a lui, Rav Luciano Meir Caro, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Ferrara, e Laura Graziani Secchieri, autrice di uno dei saggi. Seguirà la filosofa Donatella Di Cesare che dialoga sul suo Marrani (Einaudi, Torino, 2018) con lo storico e giornalista Paolo Mieli.

Quindi Rav Pierpaolo Pinhas Punturello che illustrerà il suo libro di racconti ebraici Napoli, via Cappella Vecchia 31. Voci ebraiche da dietro il vicolo (Belforte Salomone, Livorno, 2018) con il sociologo e psicologo Saul Meghnagi.

Nel pomeriggio Lia Levi parlerà del suo ultimo romanzo, Questa sera è già domani (Edizioni E/O, Roma, 2018), ambientato nel periodo delle leggi razziali, affiancata dal professor Gianni Venturi, esperto di letteratura del Novecento.

Per chi infine cercherà qualche risposta, ecco la Lectio magistralis di Abraham B. Yehoshua sul tema «Il libro ebraico». Interprete raffinato e critico, illuminato e sapiente del filo steso tra Ebraismo e letteratura, Yehoshua ha saputo frugare tra gli anfratti delle vite e degli amori, forse per leggere meglio i vetri troppo opachi della realtà. Lo scrittore sarà introdotto dal direttore del MEIS Simonetta Della Seta, profonda conoscitrice del mondo culturale israeliano. Libri e autori avranno come cornice la Mostra in corso al MEIS: «Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni», a cura di Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla, con ingresso libero fra installazioni, musiche, preziosi manoscritti ed epigrafi (del Sud Italia). Una rara occasione per vedere riuniti per la prima volta centinaia di testimoni. Pezzi, altrimenti dispersi nel mondo, di storia, cultura e bellezza italiana.

Ed ancora si potrà passeggiare lungo il suggestivo percorso nel Giardino delle Domande, tra ulivi e melograni, simboli di pace e fertilità, ma anche alloro, mirto, timo, lavanda e maggiorana, le piante aromatiche presenti nella Torà e protagoniste di riti e festività ebraiche. Le piante disegneranno le vie per comprendere i segreti della buona nutrizione: il cibo è infatti il mezzo per conseguire la santità personale, in una cultura che non celebra santi poiché ciascuno è chiamato a divenire santo. E lo fa attraverso una serie di regole che dichiarano quanto è permesso o vietato, ossia la kasherut. Lo stesso significato di quello che in greco antico si chiamava diaita, ossia arte di vita. Parola che prenderà nel verbo diaitao il significato tardo di governare, giudicare, discutere. Azioni che rimandano ad una scelta consapevole e critica di buona vita. A Ferrara il 10 giugno si pensa, si sceglie. Si legge. Azioni, diremmo, assolutamente necessarie oggi. Di certo universali.

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