«Cultura rivoluzionata. Mestiere che rimpiangerò»
Conferma, Dario Franceschini, che quello di ministro della Cultura in Italia «è il mestiere più bello del mondo, lo ha detto anche Obama», e confessa di fronte al centinaio di persone una sull’altra nell’angusto spazio della Caffetteria del Castello, che «lo rimpiangerò». E più avanti, dopo essersi dato «6+, anzi 6% via» come ministro, con qualcuno dalla platea che suggerisce un bell’8, e aver sottolineato quant’è più bello fare lo scrittore in Francia perché «lì non mi giudicano come politico», giunge ad una conclusione, quasi mormorata: «Bisogna avere il coraggio di smettere finché è ora». Assomiglia ad un bilancio definitivo, un voltar pagina, il racconto di questi quattro anni al ministero della Cultura del candidato Pd alla Camera Ferrara, che Giovanni Minoli ha impostato con il suo tipico ritmo incalzante da confessione televisiva, marchio di fabbrica di Mixer. Franceschini si mostra come uno non ancorato alla poltrona ministeriale, pronto a fare anche altro. Ad esempio il deputato territoriale a tempo pieno, «metto l’esperienza accumulata in questi anni a disposizione della mia terra. Il Meis e il Delta interregionale, che ha una potenzialità pazzesca, sono le cose più importanti che ho fatto per Ferrara»; intervenire sulle infrastrutture, come Statale 16 e E55, è il compito che ora si attribuisce.
Il ministro sembra pronto a recuperare un ruolo più politico, dopo anni a «mascherarsi da tecnico, ma perché» lo stuzzica Minoli: «L’Ulivo è nel simbolo del Pd e adesso anche della lista Insieme. La lista Grasso poteva essere nostra alleata, come fanno Salvini e Berlusconi, hanno scelto diversamente ma dopo le elezioni, comunque andranno, bisognerà ricomporre. Intanto, però, abbiamo una situazione molto chiara nei collegi come il nostro, cioè una corsa a tre: c’è una ragazza candidata per Leu, non ha la possibilità di vincere per cui ogni voto a lei avvicina la possibilità di vittoria di Salvini o M5s. Chiedo di votare sulla base della capacità dimostrata di governare un paese, il centrodestra è dominato dalle ali estreme e i pentastellati sono presuntuosi ma abbiamo visto a Roma e Torino…».
Minoli fa capire che al ministro avrebbe dato di più della sufficienza ampia, «lei ha obbiettivamente dei numeri notevoli dalla sua parte, quale il più importante?. «Forse i 500mila ingressi della domenica gratuita dei musei, tanti quanti vanno negli stadi: e la maggioranza sono famiglie, per me avvicinare i non esperti alla cultura è importante, anche se gli attacchi più forti li ho ricevuti dalla sinistra snob» è la risposta di Franceschini. Le polemiche e gli ostacoli giudiziari sulla rivoluzione dei musei che ha portato i direttori stranieri? Qui Franceschini un po’ s’infervora, «una riforma deve suscitare reazioni, altrimenti è finta. Ma questa rivolta contro gli stranieri è una cosa totalmente idiota, ma come si fa? Gli italiani dirigono musei in tutto il mondo e nessuno lo usa come argomento. Le Soprintendenze hanno avuto grandi meriti nella tutela ma non possiedono le professionalità per gestire oggi un museo. Sbagliato giudicare la cultura con le regole di mercato, ma sono in contrasto». Porterebbe in Borsa una Pompei senza più crolli, allora? Franceschini scuote la testa, «no, nessun museo fa utili al mondo ». La rivoluzione qui si ferma.
Stefano Ciervo