Con gli occhi degli ebrei: immersione nella storia
«IMMAGINA di essere uno di loro: la tua casa è distrutta, ti ritrovi spogliato di tutto, deportato. Ti sembra davvero la fine, e invece è l’inizio di una storia nuova». Un inizio, e un’immersione; quella che avvolge e coinvolge gli spettatori del video multimediale ‘Con gli occhi degli ebrei italiani’, proiettato al Meis, e al centro, ieri pomeriggio, del primo incontro delle iniziative del Giorno della Memoria. Un filmato che in appena 24 minuti, con la suggestione di musiche, di un’iconografia ricchissima (curata da Manuela Fulgenzi), e di un linguaggio narrativo di forte impatto, traccia la rotta degli ebrei italiani dal loro arrivo a Roma, dopo la devastazione del Tempio di Gerusalemme, attraverso i secoli, sino alla contemporaneità delle leggi razziali e della Shoah. Un racconto fatto di storie, ha affermato la direttrice del Meis Simonetta Della Seta, «che prende per mano il visitatore e lo accompagna in un viaggio che non è mai compiuto dall’alto, ma vissuto dal di dentro». Più volte, nel corso del filmato, lo spettatore è invitato a immaginare; a calarsi quasi fisicamente nei panni di uno scriba palermitano, di un prestatore «stretto da un lato dai poveri che lo considerano un usuraio, e dall’altro dai potenti che gli estorcono denaro», di un patriota che si immola per l’unità d’Italia, di un adulto o di un bambino che vive il dramma della deportazione. È la storia, più che di un popolo o di popoli, di un’identità, aggiunge la Della Seta: sottolineando la coerenza di questo progetto multimediale (che si avvale del contributo di Giovanni Carrada, tra gli autori di Superquark, e dell’attenta regia di Raffaella Ottaviani), non solo con il percorso espositivo della grande mostra del Meis, ma anche con il significato più profondo del Giorno della Memoria. «Una parola, quella di memoria, che in qualcuno provoca quasi insofferenza – sorride la Della Seta –, pensandone la ritualità; e allora, anche con questo filmato proponiamo quasi di sostituirla con ‘consapevolezza’, sia nei momenti più alti che nelle fasi più buie della storia». Sui due maxischermi, che sembrano abbracciare gli spettatori, si susseguono i vividi momenti di questa consapevolezza, i tesori e i terrori, gli splendori culturali e le debolezze: il filo conduttore, ammesso che se ne possa isolare uno soltanto, è la capacità degli ebrei di restare sempre se stessi ma, in qualche modo, prefigurando l’oltre di sè. «Ogni volta, del resto, che le società hanno aperto all’altro, a chi anche impropriamente era considerato diverso – conclude la Della Seta –, la società è cresciuta: dalla romanità al Rinascimento sino al Risorgimento, l’apporto degli italiani ebrei è stato prezioso, vitale. Quando invece sono tornate le discriminazioni, la rottura del dialogo, le persecuzioni, è stata l’intera società ad essere sconfitta».