«Abramo, fondatore del dialogo»

«ABRAMO è il primo universalista della storia, padre di numerose genti, musulmani, cristiani, ebrei, ma è tale solo dopo che si è in qualche modo individualizzato, andando verso se stesso». Così Roberto Della Rocca (nella foto di Marco Caselli Nirmal), rabbino e saggista, ha presentato al Meis la figura capitolare del «primo fondatore nella Bibbia del dialogo. Il primo vero dialogo è quello con sua moglie: fino ad allora c’erano stati solo dialoghi

fra Dio e l’uomo o dialoghi falliti, come il tentativo di fondare la società di Babele, che si illuse di parlare la stessa lingua e si distrusse da sola. O come il dialogo tra Caino e Abele, un fratricidio che scaturisce dall’incapacità di dirsi qualcosa, dall’ispessimento delle barriere, che porta alla conflittualità». Figura profonda, Abramo: cardine della stessa mostra sui primi mille anni di ebrei in Italia, che oggi potrà essere ammirata dai visitatori del Meis (apertura straordinaria dalle 10 alle 18). Della Rocca ne ha dipinto il tratto, evidenziando le dure prove affrontate, tra cui la richiesta di Dio di sacrificare il figlio
Isacco: Abramo, l’uomo del cammino «etico, religioso, concettuale, di identità, un percorso verso la terra che Dio aveva indicato», diventa a quel punto l’uomo dell’obbedienza, anche se poi la Bibbia dice «che un angelo di Dio ordina ad Abramo di non stendere la mano sul figlio. Il Talmud ricostruisce un’ipotetica ma realistica discussione tra Abramo e Dio, come se Abramo rivendicasse ‘siamo arrivati fino a qui dopo tre giorni di incubo e ora devi lasciarmi la possibilità di mostrare quanto sono obbediente’. In Abramo, come in ognuno di noi – conclude Della Rocca –, c’è spesso una sorta di zelo religioso, per cui vogliamo dimostrare a noi stessi e a Dio quanto siamo scrupolosi. Dio ci risponde che vuole la vita, non la morte, perché è più difficile vivere per Dio che morire per Dio, mentre gli idolatri inneggiano al sacrificio degli esseri viventi».

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