La diaspora in duecento oggetti

FERRARA Costretti a scappare dalla penisola Iberica, gli ebrei furono accolti nel 1492 da Ercole I d’Este. Era l’inizio dell’Età moderna, quella dei viaggi e dell’incontro tra popoli diversi e i fuggiaschi che si stanziarono a Ferrara arricchirono l’Umanesimo con la cultura sefardita. Di questa storia restano testimonianze nel Ghetto, nelle Sinagoghe di via Sabbioni, nell’Orto degli ebrei e da oggi, 525 anni dopo, se ne aggiunge un’altra. È il Meis, Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah, inaugurato ieri dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e dal ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini con il presidente della Regione Stefano Bonaccini, il sindaco Tiziano Tagliani e l’ambasciatore di Israele in Italia Ofer Sachs.

Realizzato nell’ex carcere dismesso dal 1992, ristrutturato in accordo con la Soprintendenza (copertura del Ministero per 47 milioni, progetto di Studio Arco e Scape), il museo è stato istituito dal Parlamento con legge 17 aprile 2003 e verrà completato entro il 2020 con la costruzione di 5 edifici moderni (che richiamano i 5 libri della Torah) destinati a ospitare shop, biblioteca, archivio, auditorium e caffetteria.

Il Meis inizia il suo percorso con l’esposizione Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni (realizzata con il sostegno di Intesa Sanpaolo, catalogo Electa), che scrive l’unicità della presenza ebraica nella Penisola dall’età romana (II secolo a.C.) al Medioevo (X secolo d.C.). Il percorso, curato da Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla, con l’allestimento dello studio Tortelli Frassoni, individua le aree di provenienza e dispersione del popolo ebraico e ripercorre le rotte della diaspora verso il Mediterraneo occidentale dopo la distruzione del Tempio da parte dell’imperatore Tito, il cui Arco a Roma, sotto il quale gli ebrei non passavano, è qui riprodotto e accompagnato da un calco in gesso del fregio dove si vedono gli esuli portare la menorah. Il percorso espositivo documenta la permanenza degli ebrei a Roma e nel Sud Italia in contesti variabili dalla schiavitù all’integrazione sia nel mondo pagano che in quello cristiano. Dall’Alto Medioevo si diffonde una cultura ebraica anche nel Nord Italia, non toccata dalle Crociate quanto nelle comunità ebraiche tedesche. Documentano questa storia duecento oggetti dai musei di tutto il mondo (Genizah del Cairo, Museo archeologico di Napoli, Musei Vaticani, Bodleian library, Jewish theological seminary di New York, Cambridge University library), fra i quali venti manoscritti, 7 incunaboli, 18 documenti medievali, 49 epigrafi di età romana e medievale e 121 tra anelli, sigilli, monete, lucerne, amuleti. Dalla Biblioteca Palatina viene il più antico manoscritto completo della Mishnah copiato nel 1072-73 con caratteristiche ortografiche palestinesi accompagnato da glosse in volgare salentino. Lo spazio dove si snoda l’esposizione crea un percorso labirintico e sonoro che ricorda quello del Museo ebraico di Berlino di Libeskind ed è accompagnato da gigantesche repliche di pezzi antichi.

«L’ex carcere è diventato da luogo di segregazione a elemento di inclusione — ha dichiarato Dario Disegni, presidente del Meis —. Questo luogo è nato da una idea di Vittorio Sgarbi e Alain Elkann raccolta dal ministro». «Ho sempre pensato che l’Italia dovesse avere un Museo dell’ebraismo italiano, perché è una parte della nostra identità nazionale — ha dichiarato Franceschini —. E lo si è realizzato a Ferrara perché è una città conosciuta e solidale verso la comunità ebraica», tanto che diversi turisti giungono qui a cercare il giardino dei Finzi Contini, invenzione dell’ebreo ferrarese Giorgio Bassani. Il ministro ha presentato anche un emendamento per aumentare le risorse al museo.

Oltre agli oggetti, il documentario Con gli occhi degli ebrei italiani (a cura di Giovanni Carrada e di Simonetta Della Seta, direttrice del Meis) narra 2.200 anni di storia in 24 minuti. Si racconta la presenza ininterrotta e vitale degli ebrei in Italia nel loro rapporto con la Chiesa, l’appartenenza a una nazione e al mondo delle professioni che furono consentite loro di svolgere. E che, oggi, sono diventate le più rilevanti. Pur essendo una minoranza (in Italia non hanno mai superato le 50 mila unità), il ruolo degli ebrei è diventato di primo piano in settori strategici nell’età contemporanea grazie all’aver puntato sulla conoscenza (all’Unità d’Italia solo il 5% degli ebrei era analfabeta). Un bel libro di Juri Slezkine, Il secolo ebraico, documenta le ragioni di questa crescita d’importanza. «Protetti da alcuni duchi, tollerati da alcuni papi, vessati da molti altri — ricorda la storica Anna Foa—gli ebrei si sono presi la loro rivincita sul piano economico e, soprattutto, culturale».

Agenda

● Oggi a Ferrara apre al pubblico il Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah (Meis) inaugurato ieri dal presidente Sergio Mattarella e dal ministro Dario Franceschini

● Fino al 16 settembre 2018 al Museo è in corso la mostra inaugurale Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni, a cura di Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla e realizzata con il sostegno di Intesa Sanpaolo (main partner). L’ingresso è gratuito per la giornata di oggi (info e orari su meis.museum)

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