Gianfranco Moscati e l'impegno di custodire la storia degli ebrei italiani

“La storia degli ebrei d’Italia, la loro memoria, va tramandata, raccontata. Nelle mie mostre, inserisco sempre quel versetto della Bibbia che dice: ‘Raccontatelo ai vostri figli, i vostri figli ai loro figli e questi alle future generazioni’”. Parlava così, Gianfranco Moscati, in una videointervista al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. E proprio il MEIS ha dedicato al collezionista di Judaica, umanista e benefattore, scomparso nel febbraio 2018, un pomeriggio di ricordi.

La prima ad attingere al proprio album di memorie personali, è stata Simonetta Della Seta, Direttore del museo: “Ho incontrato più volte Gianfranco in Israele, quando dirigevo l’Istituto di Cultura e poi da addetto culturale dell’Ambasciata d’Italia. Il suo contributo alla storia dell’ebraismo italiano è immenso e il MEIS ha il privilegio di aver ricevuto in eredità non solo una collezione, completamente catalogata, ma anche una missione: raccontare l’ebraismo italiano e documentarlo”.

Un senso di gratitudine espresso anche dal presidente Dario Disegni, che ha parlato di un “enorme debito del MEIS verso Moscati. Ci ha lasciato parte della sua straordinaria collezione (dell’altra parte è depositario l’Imperial War Museum di Londra, ndr), creata dal 1966 a partire dagli oggetti della sua famiglia e poi raccogliendo instancabilmente documenti, francobolli, cartoline, lettere, libri e cimeli di ogni genere. E una delle primissime mostre che il MEIS ha realizzato nella palazzina di Via Piangipane, quando questo stabile era ancora un cantiere, è stata incentrata sul lascito di Gianfranco. Il primo impulso al museo lo ha dato lui, un uomo di straordinaria umanità e finezza intellettuale, oltre che un benefattore in campo sociale”.

Nato a Milano il 30 dicembre del 1924, ultimo di cinque figli, con l’emanazione delle Leggi razziali del 1938 Moscati subì la persecuzione fascista e, dopo l’8 settembre del 1943, quella nazista, riuscendo fortunosamente a rifugiarsi con la famiglia in Svizzera.

“Una vicenda umana per certi versi vicina alla mia”, ha sottolineato Liliana Segre, senatrice a vita e amica di Moscati, che ha fatto arrivare al MEIS un messaggio di grande valore civile e morale. “Ciò che mi piace ricordare – continua così il saluto della Segre – è la sua lunga stagione di ricerca, un’opera perfetta di ‘catalogazione’ di quella infrastruttura immateriale e preziosissima che è la memoria. Continuiamo a ripetere, a voce alta, che il Paese che ignora il proprio ieri non può avere un domani. Ecco perché spetta a noi tutti, anche nel solco intellettuale progettato da Gianfranco, impegnarci implacabilmente sulla memoria, che è la ricucitura (imperfetta) di un percorso di guarigione civile, che serve a mantenere in buona salute la democrazia”.

“Parole che impegnano ciascuno di noi – ha commentato Disegni – e anche il MEIS. Che infatti non è soltanto un museo che organizza mostre importanti, ma è soprattutto un polo culturale, di riflessione, di dibattito e confronto tra le diverse componenti della nostra società, e vuole porsi come un baluardo nella difesa dei principi e dei valori universali ricordati dalla senatrice”.

Un lavoro che coinvolge anche la collezione Moscati, “già valorizzata nelle nostre esposizioni –ha evidenziato Della Seta –. Vogliamo dare vita agli oggetti che lui ha cercato anche con fatica e che sono diventati una componente integrante del suo filantropismo. Vogliamo rimetterli in collegamento con gli ebrei, in particolar modo italiani, e con chiunque desideri conoscere di più l’ebraismo italiano. Lo spirito di Gianfranco è entrato qui e noi cerchiamo di dare seguito alla sua visionarietà”.

Sulla valorizzazione del fondo Moscati si è soffermata la curatrice Sharon Reichel, che ha raccontato come l’inizio della sua esperienza al museo sia legato anche alla figura di Moscati e alla sua generosità nei confronti del MEIS: “Avendo studiato Museologia, in particolare l’arte cerimoniale ebraica, è stato emozionante scoprire una collezione di questo tipo e partecipare alla mostra “Testa e cuore”, incentrata su Moscati e curata da Serena Di Nepi. In Italia – ha proseguito Reichel – si è finalmente compreso che, nel campo dei beni culturali, non possono esserci tutela e conservazione senza valorizzazione. Il patrimonio va vissuto e compreso, altrimenti non potrà diventare parte di noi, della nostra storia”.

Il lascito Moscati è una collezione miscellanea, di cui la sezione archivistica è la parte più consistente. Ma è soprattutto l’intera vita di una persona che ha cercato di ricostruire pezzo per pezzo i duemila anni dell’ebraismo italiano.

Tra gli oltre tremila pezzi, alcuni ‘momenti di luce’, come li ha definiti la curatrice, quali il poster destinato a Primo Levi con dedica di Giuseppe Garibaldi e una poesia in volgare. O il francobollo dell’Algida dedicato ad Alfred Wiesner, l’ingegnere ebreo austriaco che dette il via all’industrializzazione di quei gelati. “In occasione di “Testa e cuore” – ha raccontato Sharon – chiedemmo all’Algida una sponsorizzazione economica, che non ci diedero. Ma in compenso ci mandarono un grande frigo di gelati, che non solo furono apprezzati dai visitatori presenti all’inaugurazione, ma li spinsero ad approfondire la storia di Wiesner, fuggito in Italia per sfuggire ai nazisti, poi deportato nel campo di Ferramonti e molto attivo nella Resistenza. Quello che ci interessa è proprio questo: raccontare anche che cosa c’è dietro gli oggetti, il contesto in cui si collocano e i suoi protagonisti”.

Un’altra sfaccettatura di Moscati, ovvero il suo impegno in tema di Shoah, è stato richiamato da Sara Modena, tra i fondatori dell’associazione Figli della Shoah, che ha contribuito alla legge istituiva del Giorno della Memoria. “Appena rientrato in Italia, fu chiamato da Raffaele Cantoni a lavorare con i sopravvissuti, ad aiutarli. E nel 2001 ha seguito come fosse un figlio la preparazione della mostra “Per non dimenticare la Shoah”, che a Palazzo Reale, a Milano, richiamò quarantamila visitatori, tra i quali tante scolaresche. Poi Gianfranco ci trascinò in un’avventura nella filatelia, concretizzatasi nell’annullo uscito in occasione del primo giorno della memoria, il 27 gennaio 2001”. La mostra di Milano servì a parlare di più di Shoah, “perché quando la gente vede un documento – ha osservato Modena –, ci crede molto di più. Inoltre Moscati produceva cataloghi e calendari per raccogliere fondi per l’ospedale di Alyn, a Gerusalemme, per la cura e la riabilitazione dei bambini. Israele era sempre presente nei suoi pensieri, era un sionista entusiasta”.

Sull’impegno di Moscati nel sociale si è diffusa anche Maria Rosa Teatro, Presidente dell’Associazione Gioco Immagine e Parole di San Giovanni a Teduccio, a Napoli, dove Gianfranco visse per più di cinquant’anni, ricoprendo anche la carica di Presidente della Comunità ebraica. “Ci ha aiutati concretamente a raccogliere fondi e poi è stato un modello. Riusciva ad annullare le differenze anagrafiche e sapeva porsi alla stessa altezza degli altri, anche dei bambini, che con noi incontrava nelle scuole. Aveva la capacità di capire gli altri e di farsi capire”.

A chiudere l’appuntamento al MEIS, le parole della moglie di Moscati, Gabriella Steindler, che lo ha ricordato così: “Nel 1961 stavo per laurearmi in Lingue e letteratura araba a Napoli. Lo conobbi in casa da amici e, dopo tre mesi, lui – che era molto rapido e pragmatico – mi chiese di sposarlo e mi disse che mi avrebbe portata in India! Poi siamo stati insieme per più di cinquant’anni, lungo i quali l’ho seguito nelle tante mostre che ha organizzato in Italia e all’estero, visto che era un filatelico molto apprezzato. E ad Alyn è stato l’angelo di una bimba disabile, molto intelligente e brillante, con la quale si è sempre tenuto in contatto. Era un uomo mite ma determinato, attivissimo e poliedrico, con grande spirito di adattamento e tanti amici, che ha dedicato senza risparmiarsi la propria vita all’assistenza e all’aiuto dei più deboli, a partire dai più piccoli”.

Daniela Modonesi

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